Processi di acquisto, quali saranno i top trend del 2023?

Quali saranno le leve che guideranno i consumatori nei loro processi di acquisto? O meglio, quali saranno le tendenze del 2023 in ambito shopping? Euromonitor International, a questo proposito, ha appena pubblicato il suo tradizionale report che contiene tutte le risposte relative all’anno in corso. Top 10 Global Consumer Trends 2023, questo il nome dello studio, individua i fattori che definiranno le tendenze globali dei consumatori nel 2023. Ciò che emerge sicuramente preciso e attendile, dato che l’indagine è stata condotta in 100 diversi paesi del mondo.

Come si spende oggi?

Euromonitor osserva che i consumatori spendono in modo responsabile ma emotivo, c’è stando attenti a ciò che piace, che comunica benessere e gioia, e allo stesso tempo è accessibile e sostenibile. Accanto a questa attenzione, i consumatori si aspettano una sempre migliore esperienza digitale all’interno dei processi di acquisto. Ancora, la parità di genere e l’incisività diventano a tutti gli effetti delle parole d’ordine, specie per le donne, e diventa sempre più dirompente il ruolo della Generazione Z.  ruolo della digitalizzazione nei processi di acquisto, le richieste di uguaglianza femminile e una generazione Z dirompente, sono alcuni dei fattori che definiranno le tendenze globali dei consumatori nel 2023. Gli esponenti della Gen Z, infatti, difendono le proprie convinzioni e si mettono in discussione in prima persona. Questi consumatori sono totalmente insensibili alla pubblicità tradizionale, ma vogliono esperienza diretta, autenticità e attenzione all’impatto sociale di prodotti e servizi. Insomma, tutte indicazioni di cui le aziende non possono che tenere conto.

Spendere meno, spendere meglio

Visti i tempi che tutti siamo vivendo, con una crisi che appare permanente, è ovvio che una delle tendenze sia quella di risparmiare. O meglio, di spendere bene. In questo scenario sono interessanti per il pubblico le soluzioni flessibili di pagamento. Aumentano infatti il potere d’acquisto, rendono più leggero il peso dei costo e i consumatori possono spendere per il loro benessere. La “gioia”, infatti, è una motivazioni più forti per l’acquisto. Nel 2022, buy now pay later ha raggiunto un valore di 156 miliardi di dollari.  

La ribellione alla “fatica”

La ‘fatica’ è la parola che rientra nei dieci trend mondiali per il 2023.  Per contrastarla, i consumatori desiderano una  vita meno caotica, perfino ordinaria ma più ‘prospera’ sul fronte privato. Gli analisti, riferisce Ansa, individuano il fenomeno crescente dei ‘thrivers’ , ovvero coloro che per questo nuovo anno hanno deciso di rallentare i ritmi per ‘germogliare’ su altri fronti. Il nuovo stile di vita (più vita privata, meno carriera, meno impegni serrati) induce infatti il 55% del campione a vedersi più felice da qui ai prossimi 5 anni e, per il 48% anche più in salute. Il 53% dice di avere ridotto troppo il limite tra lavoro e vita personale nel 2022 e il 45% si è sentito troppo sotto pressione lo scorso anno.

Come rattoppare un jeans bucato: una guida passo-passo

Nulla è più antipatico del rovinare o bucare un jeans cui teniamo molto, soprattutto se lo abbiamo comprato da poco.

Per fortuna, con un po’ di buona volontà è possibile fare una buona riparazione anche se non siamo professionisti del cucito. Vediamo di seguito come.

Rattoppare un jeans bucato: la preparazione

Per rattoppare un jeans bucato, è necessario preparare alcuni strumenti e materiali. Di seguito ti elenchiamo i principali:

  • Il jeans da rattoppare
  • Filo di cotone dello stesso colore del jeans
  • Aghi per cucire a mano
  • Forbici
  • Accessori per coprire il buco (es. toppe di stoffa, patch adesive, etc.)

Identificazione del buco

Dopo aver preparato i materiali, è necessario individuare il buco nel jeans. Bisogna esaminare il tessuto attentamente per individuare la dimensione e la posizione del buco.

Se esso è piccolo e non si estende in molti punti differenti, può essere facile cucirlo e ripararlo. Se invece è grande o se si estende in più punti, potrebbe anche essere necessario comprare un altro jeans direttamente.

Rattoppare un jeans bucato: qual è la soluzione migliore?

Una volta identificato il buco, puoi scegliere la soluzione più adatta per porre rimedio. Di seguito ti elenchiamo alcune opzioni semplici da mettere in pratica:

  • Toppe di stoffa: sono un’ottima scelta per coprire buchi piccoli. Possono essere cucite a mano o con una macchina da cucire. Utilizzando una macchina da cucire, il lavoro sarà più veloce e preciso, inoltre avrai la possibilità di creare anche cuciture decorative per nascondere il buco.
  • Patch adesive: sono facili da applicare e possono essere utilizzate per coprire buchi di qualsiasi dimensione. Tuttavia, non sono molto resistenti e potrebbero staccarsi con il tempo.
  • Cuciture decorative: se il buco è in una posizione visibile, puoi utilizzare delle cuciture decorative per coprirlo e creare un effetto decorativo.

La riparazione vera e propria

Una volta scelta la soluzione, è necessario applicarla per effettuare la riparazione. In base a ciò che avrai scelto per rattoppare il tuo jeans strappato o bucato, ti forniamo le istruzioni per ogni tipo di soluzione:

H3: Toppe di stoffa

  • Taglia un pezzo di stoffa della dimensione del buco più un bordo di 1 cm.
  • Poni la toppa sopra il buco e fissala con del nastro adesivo.
  • Cucire la toppa a mano o con una macchina da cucire, utilizzando un filo dello stesso colore del jeans.

H3: Patch adesive

  • Pulire bene la zona del buco per rimuovere polvere e sporco.
  • Rimuovere la pellicola protettiva dalla parte posteriore della patch adesiva.
  • Posizionare la patch adesiva sopra il buco e premere per fissarla bene.

Finitura e manutenzione

Una volta che avrai applicato la soluzione prescelta per coprire il buco, è importante finire il lavoro per evitare che il buco si espanda o che si formino altri danni. Ecco allora alcuni consigli in proposito:

  • Se hai utilizzato una toppa cucita, assicurati che le cuciture siano ben strette e che non ci siano fili sporgenti.
  • Se hai utilizzato una patch adesiva, assicurati che sia ben attaccata e che non si stacchi.
  • Evita di lavare il jeans troppo spesso o di metterlo in asciugatrice, in quanto questo potrebbe causare danni alla soluzione applicata.
  • Se il buco è in una posizione particolarmente vulnerabile, come le ginocchia o le caviglie, cerca di evitare di piegarlo o di strofinarlo troppo per evitare che si espanda.

Conclusione

Rattoppare un jeans bucato può sembrare un compito difficile, ma con i giusti accorgimenti e materiali, diventa un’operazione semplice e veloce.

Come appena visto, esistono diverse soluzioni per rattoppare un jeans bucato, dalle toppe di stoffa alle patch adesive, e puoi scegliere quella che meglio si adatta alle tue esigenze e al tuo stile, nonché in base al tipo di buco o strappo.

Le spese obbligate delle famiglie italiane continuano ad aumentare

A causa dell’inflazione spendiamo di più, portiamo a casa meno beni e la gran parte della spesa la facciamo per ‘vivere’ e spostarci. Secondo una stima dell’Ufficio studi della CGIA riferita al 2022 gli acquisti per alimentari, trasporti e per la casa sono stati pari al 59,6% sul totale della spesa mensile media di una famiglia italiana. Tra il 2021 e il 2022 le uscite per le spese obbligate della famiglia media italiana sono incrementate di 171 euro (+16,6 %), mentre quelle complementari languono.
In termini monetari significa che a fronte di una spesa mensile media pari a 2.016 euro, 1.202 euro nel 2022 sono stati ‘assorbiti’ dalle spese obbligate. 

L’incidenza delle spese alimentari è cresciuta del 3,8%

All’interno dei 2.016 euro, 265 euro sono ‘usciti’ per benzina-gasolio e spese su mezzi pubblici, 425 euro per manutenzione della casa e bollette di luce-gas e spese condominiali, e 511 euro per cibo e bevande analcoliche. A causa del rincaro dei prezzi registrato l’anno scorso, rispetto al 2021 si ipotizza che l’incidenza delle spese alimentari sia cresciuta del 3,8%. E nonostante nel 2022 l’aumento medio dell’inflazione si sia attestato attorno all’8%, in termini assoluti l’incremento delle spese non obbligate si stima nullo. In altre parole, si ipotizza che negli ultimi due anni per acquistare alcolici, abbigliamento/calzature, mobili, tempo libero, ristorazione, ricettivo, istruzione, sanità, cura della persona la famiglia media italiana abbia speso mensilmente 815 euro.

Nel 2022 crescita stimata del 59,6% per casa, cibo e trasporti

I dati per ripartizione geografica riferiti al 2021 segnalano come l’incidenza della spesa obbligata su quella totale sia più alta al Sud e nelle Isole rispetto alle altre aree del Paese. Ovviamente, la minore capacità di spesa delle famiglie del Mezzogiorno contribuisce in misura determinante a questo risultato. Va altresì segnalato che a partire dal 2017 l’incidenza delle spese obbligate sul totale cresce tendenzialmente fino a toccare la punta stimata per il 2022 del 59,6%. Secondo i dati disponibili al 2021 la spesa media più alta a livello nazionale è ascrivibile alle famiglie residenti nella provincia autonoma di Bolzano (3.116 euro). Seguono Lombardia (2.904 euro), provincia autonoma di Trento (2.791 euro), Valle d’Aosta (2.721 euro) e Lazio (2.712 euro).

Carburanti e pedaggi ammontano al 53% dei costi per i trasporti

Dalla disaggregazione delle tre voci che costituiscono le spese obbligate (casa, cibo e trasporti) emerge che la somma dei consumi per le bollette (luce, acqua, gas, rifiuti ecc.), per gli alimenti di prima necessità (pane, latte e carne) e carburanti (gasolio, benzina, pedaggi ecc.) ammonta a oltre il 52% della spesa obbligata media annua della famiglia italiana (pari a 1.202 euro). Le bollette, ad esempio, sfiorano il 54% dell’intero costo della voce Abitazione, acqua, elettricità, gas e altri combustibili. La spesa per pane, latte e carne, invece, è pari al 50% della spesa totale per gli Alimentari e le bevande analcoliche. Carburanti e pedaggi, poi, ammontano al 53% della spesa totale della voce Trasporti.

La vita di un OSS: sfide e difficoltà quotidiane

Quella di Operatore Socio Assistenziale (OSS) è una professione impegnativa e spesso sottovalutata, ma che merita considerazione e rispetto.

Gli OSS si occupano di offrire assistenza e cure ad individui che necessitano di essere seguiti da vicino, spesso anziani o disabili, e affrontano ogni giorno non poche difficoltà nello svolgere le proprie mansioni.

Di seguito, esamineremo alcune delle principali sfide che gli OSS incontrano nel lavoro di tutti i giorni.

La gestione del carico di lavoro

Uno dei principali problemi con i quali gli OSS devono rapportarsi è il carico di lavoro non indifferente. Spesso gli operatori sono costretti a lavorare per parecchie ore nell’arco della stessa giornata, e hanno poco tempo per fare pause o riposare.

Questo può portare ad un notevole affaticamento fisico e mentale, il che può avere effetti negativi sulla salute e sul benessere dell’operatore, oltre chiaramente a comportare una minore lucidità sul lavoro.

La mancanza di ausili adeguati

Spesso è la mancanza di strutture e arredi pensati per gli anziani o disabili a rendere più difficile il lavoro degli OSS. Pensiamo a tutte quelle strutture private in cui spesso non ci sono letti elettrici, montascale,  vasche per disabili, sollevatori e accessori a parete per il sostegno della persona, tra gli altri.

Tutti ausili che renderebbero più facile il lavoro degli OSS, evitando loro di dover fare sforzi fisici di un certo tipo, nonché più semplice la vita dei pazienti stessi.

La mancanza di supporto e adeguata formazione

La mancanza di una adeguata formazione può avere diverse conseguenze negative per gli operatori socio-assistenziali, ma anche per le persone che da loro ricevono assistenza.

Per gli operatori, la mancanza di formazione adeguata può portare ad una scarsa sicurezza e competenze limitate, il che può aumentare il rischio di errori con effetti negativi sul benessere delle persone cui si prestano le cure.

Inoltre, gli operatori che non hanno ricevuto una formazione adeguata potrebbero avere maggiori difficoltà nel gestire situazioni difficili o a rispondere in modo efficace alle esigenze dei propri assistiti, il che non è un problema secondario.

Detto questo, non dimentichiamo che gli operatori non sufficientemente formati potrebbero non essere in grado di riconoscere i segnali di allarme o le situazioni di emergenza, il che può mettere a rischio la sicurezza dei loro pazienti.

Le difficoltà emotive legate al lavoro

Lavorare con persone bisognose di assistenza può essere emotivamente impegnativo.

Gli OSS devono infatti rapportarsi ogni giorno con la sofferenza dei loro pazienti, e spesso devono gestire situazioni difficili e stressanti. Ciò può essere emotivamente stancante e può mettere a dura prova le loro capacità di analisi della situazione nonché quella di intervento.

Per questo motivo gli operatori fanno bene a non farsi coinvolgere emotivamente e cercare di rimanere il più possibile lucidi e distaccati, così da poter analizzare in maniera obiettiva la situazione che di volta in volta affrontano e risolverla in maniera adeguata.

Le difficoltà legate alla comunicazione

Gli OSS spesso lavorano con persone che hanno difficoltà di comunicazione, come anziani o disabili che hanno problemi di parola o di udito, e ciò può rendere difficile per loro comunicare efficacemente e comprendere le esigenze dei loro assistiti.

D’altro canto, per i pazienti sordi o muti, la difficoltà di comunicazione può essere frustrante e può portare a maggiore ansia e stress, oltre a rendere difficile l’ottenere l’assistenza di cui hanno bisogno.

Per poter gestire situazioni di questo tipo, è importante che gli operatori socio assistenziali siano ben formati sul come riuscire a comunicare con i pazienti sordi o muti, ad esempio attraverso l’utilizzo del linguaggio dei segni o di altre tecniche di comunicazione alternativa.

Conclusione

In conclusione gli OSS affrontano numerose sfide e difficoltà di ogni tipo nell’esercitare il loro lavoro, alcune delle quali non facili da gestire.

Nonostante ciò, continuano a dedicare tutte le loro energie a prendersi cura di persone che hanno bisogno di assistenza, dimostrando un impegno e una dedizione davvero straordinari.

La professione di Operatore Socio Sanitario riveste dunque un’importanza non indifferente nella nostra società, per questo motivo la loro presenza dovrebbe essere garantita all’interno di strutture pubbliche e private, così come direttamente a domicilio quando necessario.

Flat tax: gli autonomi pagano più tasse dei dipendenti

A quanto emerge dai calcoli dell’Ufficio studi della Cgia con l’innalzamento della flat tax fino a 85mila euro di fatturato gli autonomi continuano a pagare più tasse dei lavoratori dipendenti.
Solo nella fascia di reddito tra 60 e i 65mila euro le partite Iva che si avvalgono della ‘tassa piatta’ pagano meno. In tutte le altre comparazioni, ovvero tra 10mila a 55mila euro di reddito, gli autonomi pagano sempre molto più di impiegati e operai. Se, poi, il confronto è tra i dipendenti e i lavoratori autonomi che non applicano la flat tax il maggior prelievo in capo a questi ultimi aumenta a dismisura, con punte di oltre 6mila euro all’anno tra i 60 e i 65mila euro di reddito.

Interessate 140.000 partite Iva

La situazione, dunque, cambia segno a partire dalla classe di reddito pari a 60mila euro. In questo caso, gli autonomi con flat tax subiranno nel 2023 un prelievo fiscale annuo inferiore ai dipendenti di 640 euro, e di 1.285 euro con un reddito da 65mila. Ma quanti sono i potenziali lavoratori autonomi che con lo slittamento della soglia a 85mila euro potranno beneficiare del vantaggio fiscale garantito dall’applicazione della flat tax? Dall’elaborazione dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi 2021 (anno di imposta 2020), potrebbero essere 140mila.

Un costo aggiuntivo per lo Stato di 404 milioni di euro

Ma gli effettivi beneficiari del regime di favore sono meno di 140.000, in quanto oltre a non superare il limite di ricavi/compensi di 85mila euro, devono rispettare ulteriori requisiti stabiliti dalla legge. Tra cui, ad esempio, non aver sostenuto spese per lavoro dipendente, accessorio o di collaborazione, superiori a 20mila euro. Secondo i dati delle dichiarazioni dei redditi 2021 i contribuenti in regime forfetario ammontano a poco meno di 1.728.000. E secondo la Relazione tecnica allegata alla legge di Bilancio 2023, si stima che l’ampliamento delle soglie di ricavi/compensi per accedere alla flat tax previsto dal Governo Meloni comporterà un costo aggiuntivo per le casse dello Stato di 404 milioni di euro all’anno, riferisce Adnkronos.

L’Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa

Dal 2021, però, gli autonomi dispongono dell’ISCRO (Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa), costituita solo per il triennio 2021-2023 e rivolta esclusivamente ai professionisti e lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata INPS con redditi molto bassi e momentanei cali di fatturato. Si tratta di una indennità semestrale, richiedibile una sola volta nel triennio, pari al 25% dell’ultimo reddito dichiarato. La misura di sostegno prevede l’erogazione di una indennità mensile tra 250 euro e 800 euro, a seconda dei requisiti posseduti dal richiedente.

L’evoluzione della famiglia: in Italia prevale il modello tradizionale

In casa le donne italiane sono oberate, ma sono poco inclini a delegare a mariti e compagni. Insomma, la famiglia italiana è tradizionale, e le nuove generazioni tenderanno a replicare questo modello. Lo attesta la ricerca Diverse&Inclusive Family – L’evoluzione della famiglia in Italia di Eumetra per Henkel Italia. All’interno del campione, l’87% dichiara di convivere con un partner di sesso opposto, con figli nel 67% dei casi. Un quadro che non sembra destinato a mutare significativamente, almeno secondo i Millennial, che tra dieci anni si vedono sposati (76%) e con figli ancora in casa (78%), proprio come la generazione precedente. Si discosta del tutto la GenZ, che sembra fare molta fatica a pensarsi con una famiglia o a definirsi già tale. Tanto che solo il 3% ha deciso di partecipare attivamente all’indagine.

A guidare le scelte finanziarie è ancora l’uomo

Nelle grandi questioni familiari uomini e donne sembrano decidere insieme: la scelta della città in cui vivere è condivisa (74% uomini, 76% donne), così come la tipologia di abitazione (75%, 79%) e l’avere o meno figli (83%, 81%).
Le prime significative divergenze si riscontrano sulla scelta del lavoro e le grandi questioni finanziarie (acquisto di seconde case, finanziamenti, investimenti ecc.). Se sul lavoro predomina la scelta individuale, con il 53% degli uomini che dichiara di prendere in autonomia ogni scelta che riguardi il proprio futuro lavorativo (64% donne), i dati relativi ai grandi temi finanziari mostrano che a guidare le scelte è ancora l’uomo. Il 66% di loro condivide tali scelte con la compagna contro il 76% delle donne.

La cura della casa è a carico prevalentemente della donna

Nella quotidianità e nella gestione della casa la condivisione delle scelte è alta, ma tornano le differenze sulle decisioni impegnative, come l’acquisto di auto o moto (58% uomini, 71% donne) o la scelta delle utenze (47%, 57%). La cura della casa è ancora a carico prevalentemente della donna, un modello vicino a quello del passato, meno collaborativo e con una distinzione dei compiti più netta. Per una persona su 10 devono infatti esserci compiti ben definiti tra uomo e donna (6,4% uomini, 4,7% donne) perché hanno diverse predisposizioni (56%) o capacità (50%). Nella gestione dei figli è nei compiti quotidiani che uomini e donne concordano nell’affermare che la madre deve essere più presente. Il 66% delle donne dichiara di occuparsi del tutto dei compiti scolastici e di mantenere i contatti con la scuola (75%).

Lavoro e salario: permane il gender gap

Stando a quanto dichiarato dagli intervistati, il 90% degli uomini conta su un lavoro full time contro il 57% delle donne, una situazione che determina una maggiore presenza della donna in casa, e un suo ruolo più centrale nel disbrigo delle faccende domestiche. Per quanto riguarda le donne che lavorano, il 47% si sente apprezzata sul lavoro (48% uomini) ma la retribuzione è considerata alta solo dal 4% di loro (10% uomini) o equa dal 37% (41%).
E solo in una famiglia su 3 il contributo portato da uomini e donne è il medesimo, anche se per l’85% delle famiglie questo non influenza il modo di prendere le decisioni.

L’Italia entra nel ciclo del post-populismo: cosa succede?

Quella del 2022 non sembra un’Italia sull’orlo di una crisi di nervi, anche se alle ‘storiche’ vulnerabilità economiche e sociali del nostro Paese ora si aggiungono gli effetti delle crisi degli ultimi tre anni (pandemia, guerra, inflazione, morsa energetica). Per il 92,7% degli italiani l’impennata dell’inflazione durerà a lungo, per il 69,3% il proprio tenore di vita si abbasserà, e il 64,4% sta intaccando i propri risparmi. Si levano quindi istanze di equità non più liquidabili come ‘populiste’, e nell’Italia del post-populismo cresce la ripulsa verso i privilegi, con effetti divisivi all’interno della società. Per l’87,8%, ad esempio, le differenze eccessive tra le retribuzioni di dipendenti e dirigenti sono insopportabili, e per l’81,5% lo sono i facili guadagni degli influencer.

Tra astensione e paura

Del resto, non si registrano fiammate conflittuali o mobilitazioni collettive, e alle ultime elezioni il primo partito è stato quello dei non votanti (quasi 18 milioni, il 39% degli aventi diritto). Ma il tradizionale intreccio lineare ‘lavoro-benessere-economico-democrazia’ non funziona più, lasciando il posto alla convinzione che tutto possa accadere: per l’84,5% degli italiani eventi geograficamente lontani possono stravolgere i destini e la quotidianità, il 61,1% teme un conflitto mondiale, il 58,8% il ricorso all’arma nucleare, il 57,7% che l’Italia entri in guerra. Oggi il 66,5% degli italiani (+10% vs 2019) si sente insicuro. I principali rischi globali percepiti sono guerra (46,2%), crisi economica (45,0%), virus letali e nuove minacce biologiche (37,7%), instabilità dei mercati internazionali (26,6%), eventi atmosferici catastrofici (24,5%), e attacchi informatici su vasta scala (9,4%).

Malinconici e poco disposti a fare sacrifici 

Oggi i meccanismi proiettivi tipici della società dei consumi, che in passato spingevano a fare sacrifici per modernizzarsi e arricchirsi, hanno perso la capacità di orientare i comportamenti collettivi. Gli italiani non sono più disposti a fare sacrifici, il 36,4% nemmeno per fare carriera e guadagnare di più. Pensando a pandemia, guerra e crisi ambientale l’89,7% degli italiani prova tristezza. È la malinconia a definire oggi il carattere degli italiani, un sentimento corrispondente alla coscienza della fine del dominio onnipotente ‘dell’io’ sugli eventi e sul mondo.

Eppure oggi siamo statisticamente più al sicuro

Al vertice delle insicurezze personali c’è il rischio di non autosufficienza e invalidità (53,0%), il 51,7% degli italiani teme di rimanere vittima di reati, il 47,7% non è sicuro di poter contare su redditi sufficienti in vecchiaia, il 47,6% ha paura di perdere il lavoro, e il 42,1% di dover pagare prestazioni sanitarie impreviste. Eppure, oggi siamo il Paese statisticamente più sicuro di sempre. Dal 2012 i crimini più efferati sono diminuiti del -42,4%, le rapine del -48,2%, i furti nelle abitazioni del -47,5%, i furti di autoveicoli del -43,7%. Nell’ultimo decennio sono aumentate solo alcuni reati, violenze sessuali (+12,5%), estorsioni (+55,2%), truffe informatiche (+152,3%).

Investimenti green, uno scenario che piace ai risparmiatori italiani

Gli italiani in generale e i risparmiatori in particolare si scoprono Green, anche in fatto di investimenti. Quelli sostenibili, infatti, guideranno le scelte di risparmio dei prossimi anni. A dirlo è il Rapporto annuale Assogestioni-Censis, presentato nell’ambito del talk di approfondimento R-Evolution Esg, trasmesso sulla piattaforma FR|Vision.Qaalche dato in sintesi: il 57% è pronto a riallocare liquidità  in investimenti sostenibili, per il 57,5% un buon consulente finanziario è una figura imprescindibile, ma per il 90% serve un Ente terzo certificator contro possibili operazioni di greenwashing.

Gli Italiani ci credono di più degli altri Europei

Gli Italiani credono davvero in un possibile futuro green, tanto che immaginandosi al 2050 ben il 71% dei nostri connazionali (contro una media dei Paesi Ue del 48%) è convinto che l’energia, i prodotti e i servizi sostenibili saranno disponibili a prezzi convenienti per tutti, incluse le persone meno abbienti. Per il 68% degli italiani (più della media europea, pari al 57%) le politiche per far fronte al cambiamento climatico e a favore della sostenibilità ambientale consentiranno di creare nuovi posti di lavoro in misura maggiore di quanti se ne distruggeranno. Per il 71% (il 61% nella media Ue) si potrà creare nuova occupazione di qualità in termini di retribuzioni e sicurezza dei luoghi di lavoro. Provati dalla successione di eventi atmosferici avversi, gli italiani ora guardano positivamente alle tecnologie green e alle opportunità economiche della transizione ecologica. 

Finanza, gli strumenti e il consulente

Per far sì che questo passaggio accada, sono però necessari strumenti finanziari più attrattivi. La nuova attenzione alla sostenibilità incide positivamente anche sulle intenzioni dei risparmiatori, stimolati dall’inflazione a riallocare l’ingente accumulo di cash. Il 57,4% dei risparmiatori italiani considera positivamente l’idea di investire in prodotti finanziari e in imprese sostenibili. Maggiormente convinti sono i residenti nel Nord-Ovest (61,7%), i laureati (67,9%) e le persone con redditi alti (76,6%). Si tratta di un’apertura che candida gli investimenti green a occupare un posto rilevante nella competizione per attrarre risorse da riallocare. Ancora, il 57,5% dei risparmiatori italiani ritiene indispensabile l’assistenza di un consulente finanziario nella scelta degli investimenti da indirizzare su imprese, settori, progetti sostenibili. Convinti di avere bisogno di una consulenza fidata e di competente certe per orientarsi in tempi di forte incertezza, lo sono ancora di più quando si parla di investimenti green.

No ad operazioni di greenwashing

Al fine di garantire che gli investimenti green siano effettivamente conformi agli obiettivi e ai criteri annunciati dai proponenti, l’89,8% dei risparmiatori italiani vorrebbe che ci fossero istituzioni o enti certificatori terzi. SI tratterebbe di una strada che consentirebbe di concretizzare le intenzioni dichiarate dai risparmiatori sugli investimenti green, perché permetterebbe di superare la persistente confusione e di fugare ogni diffidenza. Resta infatti irrisolta la questione della definizione univoca di che cosa sia da intendere per investimento green, e c’è il timore per possibili operazioni di greenwashing. Per questo gli italiani reputano essenziale l’istituzione di intermediari di riconosciuta terzietà che garantiscano che quello che viene dichiaro green lo sia effettivamente. 

Black Friday: per gli italiani i prezzi vengono gonfiati prima

Revolut ha condotto un’indagine insieme alla società di ricerche Dynata per scoprire i programmi di spesa degli italiani in occasione del Black Friday. Ma il 64% degli italiani pensa che i marchi gonfino i prezzi prima del Black Friday, in modo che i consumatori credano di aver fatto un affare. Il 37% pensa che sia necessario vigilare maggiormente su certe pratiche, mentre il 28% ritiene che questa dinamica faccia comunque parte del gioco. Gli italiani tra 18 e 44 anni sono quelli che più identificano queste pratiche fraudolente (74%), mentre la metà degli over 65 anni afferma di non rilevare aumenti di prezzo. Da quest’anno però non sarà più così facile gonfiare i prezzi, poiché con l’entrata in vigore della direttiva Omnibus negozi e marchi saranno obbligati a indicare chiaramente il prezzo più basso applicato ai prodotti nei trenta giorni precedenti. 

Il timore più grande? Trovare lo stesso prodotto a un prezzo inferiore dopo averlo acquistato

Il timore più grande degli italiani per lo shopping online del Black Friday è legato alla possibilità di trovare lo stesso prodotto a un prezzo inferiore successivamente (21%, e 32% tra i GenZ), seguito dalla paura del furto dei dettagli della carta (18%). Ma nonostante il crescente costo della vita, solo il 7% degli intervistati teme di spendere troppo durante questo Black Friday. L’8% teme invece di acquistare il prodotto sbagliato, e un terzo del campione afferma di non avere alcun timore nel fare acquisti online.

Sconto: che sia almeno del 30%

L’80% degli italiani effettuerà acquisti in occasione del Black Friday, ma il 30% li farà solo se riuscirà a trovare buoni affari, e l’11% afferma di avere un budget limitato, per cui lo shopping sarà contenuto. Il 36% degli intervistati si ritiene soddisfatto di uno sconto del 30-40%, ma 4 italiani su 10 non faranno acquisti se gli sconti non toccheranno almeno il 40-50%. Nel complesso, gli italiani preferiscono comprare solo quello che possono permettersi, in base al denaro che hanno sul proprio conto (62%). La pensano in questo modo più le donne rispetto agli uomini (65% vs 59%), più propensi a considerare di utilizzare la propria carta di credito nel caso in cui trovassero un buon affare (21% vs 15%).

C’è chi risparmia durante l’anno 

Il 15% della GenZ e dei Millennial, riferisce Adnkronos, afferma invece di aver messo da parte il denaro in un conto di risparmio separato per assicurarsi di avere un budget sufficiente a finanziare gli acquisti del Black Friday. Funzionalità come i salvadanai di Revolut sono particolarmente utili per queste necessità: gli utenti possono mettere da parte ogni settimana o mese la cifra che preferiscono in modo automatico e raggiungere facilmente i propri obiettivi di risparmio.  Per quanto riguarda le categorie di spesa, l’elettronica è quella più gettonata dagli uomini (71%) mentre le donne preferiscono rinnovare il guardaroba (57%). Seguono, arredamento/home decor, viaggi e beauty.

Quanti tipi di box doccia esistono?

Oggi il mercato offre una grande varietà di soluzioni anche per il bagno, elementi in grado di adattarsi perfettamente a questa stanza di casa così intima ed importante per noi.

È proprio qui infatti che cerchiamo il giusto relax nell’arco della giornata, affidandoci magari alle speciali “cure” di una doccia rigenerante ed in grado di consentirci di eliminare stress e tossine.

Il box doccia in particolare, è in grado di influire in maniera diretta sia sul benessere di chi lo utilizza, che sul design e dunque sull’impatto estetico in generale.

Per questo motivo la scelta del box doccia deve essere ponderata, e bisogna per questo considerare i tanti fattori che incidono sia sull’aspetto estetico che quello funzionale.

In questa maniera sarà possibile scegliere bene senza rischiare di fare un acquisto errato: un prodotto visto in negozio può infatti sembrare eccezionale a prima vista, ma bisogna sempre considerarlo all’interno del contesto in cui desideriamo posizionarlo, dunque non valutarlo a sé come elemento unico.

La prima cosa da fare è dunque cercare di capire quanti tipi di box doccia esistano, al fine di individuare quello perfetto per le nostre necessità.

Le varie tipologie di box doccia

Ecco dunque quelle che sono le tipologie di box doccia che molto probabilmente andremmo a trovare se facessimo un giro in negozio.

Ogni modello è diverso dagli altri e presenta delle caratteristiche che lo rendono perfetto per uno specifico tipo di utilizzo o per risolvere una esigenza in particolare.

  • Porte scorrevoli: i modelli di box doccia con porte scorrevoli presentano due ante che si muovono su binari. Il vantaggio di questo modello è il consentire l’apertura delle ante senza creare ingombro e consentendo dunque di recuperare molto spazio.
  • Porte a battente: i modelli con porte a battente sono probabilmente tra i più eleganti in assoluto. Chiaramente questo tipo di apertura occupa molto spazio, quello necessario al libero movimento delle ante in apertura ed in chiusura, ma il risultato estetico è certamente eccezionale.
  • Angolare: il box doccia angolare è probabilmente il più comune e per questo un grande classico. Ne esistono due versioni: quelli con ante scorrevoli e quelli con porte a battente. La soluzione con porte scorrevoli è particolarmente utile quando gli spazi sono ristretti e per questo si preferisce far scivolare le ante così da non creare ingombro. I modelli di box doccia angolare con porte a battente consentono invece di aprire le porte indifferentemente verso l’interno o verso l’esterno, garantendo tanta eleganza al tuo bagno.
  • Box a tre lati: nel caso in cui tu non decida di optare per un box angolare, puoi sempre decidere di posizionare il box doccia in maniera tale che “tocchi” una sola parete. È una soluzione recente ed elegantissima, e puoi scegliere il tipo di apertura che preferisci tra ante a battente o quelle scorrevoli. Molto dipende dalla presenza di eventuali ingombri nei pressi del tuo box doccia.
  • Box con ante a soffietto: è il tipico box con le ante pieghevoli, consente di risparmiare il massimo dello spazio ed è da preferire laddove le ante scorrevoli non siano installabili.

Il massimo della personalizzazione per il tuo bagno

Grande varietà di prodotti e di scelta dunque, per una soluzione perfettamente in grado di coniugare estetica e funzionalità.

A prescindere da quelle che sono le dimensioni del tuo bagno e gli spazi a disposizione intorno alla doccia infatti, puoi tranquillamente trovare il prodotto che fa al caso tuo e riuscire così a personalizzare al meglio questo importante ambiente di casa.

I materiali moderni garantiscono infine il massimo della resa estetica, della durata nel tempo e dell’igiene.