Le migliori attività per divertirsi durante una festa di compleanno

Stai cercando idee per organizzare una festa di compleanno divertente e indimenticabile? Bene, allora stai già partendo con il piede giusto!

Organizzare una festa che funzioni veramente è un qualcosa di bellissimo sia per il festeggiato che per gli invitati. Andiamo allora di seguito a vedere quali potrebbero essere le migliori attività per divertirsi durante una festa di compleanno, adatte a tutte le età e a tutti i gusti.

Che tu stia organizzando una festa per un bambino, un adolescente o un adulto, in questo elenco troverai sicuramente qualcosa che ti piacerà.

Attività all’aperto

Se vuoi organizzare una festa all’aperto, ecco di seguito alcune idee che consentiranno a tutti di divertirsi.

Caccia al tesoro

La caccia al tesoro è un’attività divertente e stimolante che può essere organizzata ovunque. Basta nascondere alcuni oggetti in giro e creare una serie di indizi che i partecipanti dovranno seguire per trovarli. Puoi organizzare la caccia al tesoro in un parco, in un giardino o in qualsiasi altra area all’aperto.

Picnic

Se vuoi organizzare una festa rilassante e informale, un picnic potrebbe essere la scelta giusta. Scegli una bella location all’aperto, porta dei buoni snack e bevande fresche e goditi una giornata di sole con i tuoi amici.

Giochi sportivi

Se sei un amante dello sport, o se lo è il festeggiato, organizzare dei giochi all’aperto potrebbe essere un’ottima scelta. Puoi organizzare una partita di calcio, pallavolo, basket o qualsiasi altro sport che ti piaccia. Assicurati di avere tutta l’attrezzatura necessaria e di scegliere una location adatta alle attività.

Attività al chiuso

Se vuoi organizzare una festa al chiuso, ecco alcune idee carine per delle attività al coperto che piaceranno a tutti.

Escape room

Le escape room sono diventate molto popolari negli ultimi anni e sono sicuramente un’attività divertente da fare in una festa di compleanno. In un escape room, i partecipanti dovranno risolvere una serie di enigmi e rompicapi per uscire dalla stanza.

I tappeti elastici

Esistono apposite strutture indoor in cui vi sono diversi tappeti elastici in cui è possibile saltare e cimentarsi in divertenti acrobazie in tutta sicurezza.

Si tratta di ambienti adeguatamente protetti grazie ad imbottiture che attutiscono ogni eventuale impatto, consentendo agli utenti di poter saltare liberamente e senza la paura di farsi del male in caso di caduta accidentale.

Karaoke

Se al festeggiato piace cantare, un’attività divertente potrebbe essere il karaoke. Puoi noleggiare l’attrezzatura per il karaoke o scegliere una location che già lo offre. Assicurati di avere una buona selezione di basi per soddisfare tutti i gusti musicali.

Giochi da tavolo

Se preferisci un’attività più tranquilla, i giochi da tavolo possono essere una scelta adeguata. Scegli una selezione di giochi divertenti e coinvolgenti che possano essere giocati da tutti i partecipanti. Molti amano il Risiko, altri il Monopoli o Pictionary, a te la scelta!

Pizza party

Organizza una serata pizza party in cui i partecipanti possono creare le proprie pizze personalizzate. Prepara la pasta per la pizza e una selezione di ingredienti come mozzarella, pomodori, funghi, salumi e verdure. Ogni ospite potrà quindi creare la propria pizza con gli ingredienti che preferisce.

Corso di cucina

Un’attività culinaria più strutturata può essere un corso di cucina di una sera. Puoi noleggiare uno chef professionista o chiedere a un amico che ha buone abilità culinarie di insegnare ai partecipanti a cucinare un piatto particolare. Questa attività è educativa e divertente allo stesso tempo.

Conclusioni

Organizzare una festa di compleanno può essere un’esperienza divertente e coinvolgente se si sceglie l’attività giusta.

Abbiamo elencato qui alcune delle migliori attività che consentono di divertirsi durante una festa di compleanno, adatte a tutte le età e a tutti i gusti.

Ricorda che la location è fondamentale: scegli per questo una location per feste di compleanno che si adatti alle attività che vuoi organizzare.

Assicurati anche di avere tutta l’attrezzatura e le risorse necessarie per le attività che hai scelto.

Mettendo a frutto queste idee, sarai pronto per organizzare la festa di compleanno perfetta!

Come rattoppare un jeans bucato: una guida passo-passo

Nulla è più antipatico del rovinare o bucare un jeans cui teniamo molto, soprattutto se lo abbiamo comprato da poco.

Per fortuna, con un po’ di buona volontà è possibile fare una buona riparazione anche se non siamo professionisti del cucito. Vediamo di seguito come.

Rattoppare un jeans bucato: la preparazione

Per rattoppare un jeans bucato, è necessario preparare alcuni strumenti e materiali. Di seguito ti elenchiamo i principali:

  • Il jeans da rattoppare
  • Filo di cotone dello stesso colore del jeans
  • Aghi per cucire a mano
  • Forbici
  • Accessori per coprire il buco (es. toppe di stoffa, patch adesive, etc.)

Identificazione del buco

Dopo aver preparato i materiali, è necessario individuare il buco nel jeans. Bisogna esaminare il tessuto attentamente per individuare la dimensione e la posizione del buco.

Se esso è piccolo e non si estende in molti punti differenti, può essere facile cucirlo e ripararlo. Se invece è grande o se si estende in più punti, potrebbe anche essere necessario comprare un altro jeans direttamente.

Rattoppare un jeans bucato: qual è la soluzione migliore?

Una volta identificato il buco, puoi scegliere la soluzione più adatta per porre rimedio. Di seguito ti elenchiamo alcune opzioni semplici da mettere in pratica:

  • Toppe di stoffa: sono un’ottima scelta per coprire buchi piccoli. Possono essere cucite a mano o con una macchina da cucire. Utilizzando una macchina da cucire, il lavoro sarà più veloce e preciso, inoltre avrai la possibilità di creare anche cuciture decorative per nascondere il buco.
  • Patch adesive: sono facili da applicare e possono essere utilizzate per coprire buchi di qualsiasi dimensione. Tuttavia, non sono molto resistenti e potrebbero staccarsi con il tempo.
  • Cuciture decorative: se il buco è in una posizione visibile, puoi utilizzare delle cuciture decorative per coprirlo e creare un effetto decorativo.

La riparazione vera e propria

Una volta scelta la soluzione, è necessario applicarla per effettuare la riparazione. In base a ciò che avrai scelto per rattoppare il tuo jeans strappato o bucato, ti forniamo le istruzioni per ogni tipo di soluzione:

H3: Toppe di stoffa

  • Taglia un pezzo di stoffa della dimensione del buco più un bordo di 1 cm.
  • Poni la toppa sopra il buco e fissala con del nastro adesivo.
  • Cucire la toppa a mano o con una macchina da cucire, utilizzando un filo dello stesso colore del jeans.

H3: Patch adesive

  • Pulire bene la zona del buco per rimuovere polvere e sporco.
  • Rimuovere la pellicola protettiva dalla parte posteriore della patch adesiva.
  • Posizionare la patch adesiva sopra il buco e premere per fissarla bene.

Finitura e manutenzione

Una volta che avrai applicato la soluzione prescelta per coprire il buco, è importante finire il lavoro per evitare che il buco si espanda o che si formino altri danni. Ecco allora alcuni consigli in proposito:

  • Se hai utilizzato una toppa cucita, assicurati che le cuciture siano ben strette e che non ci siano fili sporgenti.
  • Se hai utilizzato una patch adesiva, assicurati che sia ben attaccata e che non si stacchi.
  • Evita di lavare il jeans troppo spesso o di metterlo in asciugatrice, in quanto questo potrebbe causare danni alla soluzione applicata.
  • Se il buco è in una posizione particolarmente vulnerabile, come le ginocchia o le caviglie, cerca di evitare di piegarlo o di strofinarlo troppo per evitare che si espanda.

Conclusione

Rattoppare un jeans bucato può sembrare un compito difficile, ma con i giusti accorgimenti e materiali, diventa un’operazione semplice e veloce.

Come appena visto, esistono diverse soluzioni per rattoppare un jeans bucato, dalle toppe di stoffa alle patch adesive, e puoi scegliere quella che meglio si adatta alle tue esigenze e al tuo stile, nonché in base al tipo di buco o strappo.

La vita di un OSS: sfide e difficoltà quotidiane

Quella di Operatore Socio Assistenziale (OSS) è una professione impegnativa e spesso sottovalutata, ma che merita considerazione e rispetto.

Gli OSS si occupano di offrire assistenza e cure ad individui che necessitano di essere seguiti da vicino, spesso anziani o disabili, e affrontano ogni giorno non poche difficoltà nello svolgere le proprie mansioni.

Di seguito, esamineremo alcune delle principali sfide che gli OSS incontrano nel lavoro di tutti i giorni.

La gestione del carico di lavoro

Uno dei principali problemi con i quali gli OSS devono rapportarsi è il carico di lavoro non indifferente. Spesso gli operatori sono costretti a lavorare per parecchie ore nell’arco della stessa giornata, e hanno poco tempo per fare pause o riposare.

Questo può portare ad un notevole affaticamento fisico e mentale, il che può avere effetti negativi sulla salute e sul benessere dell’operatore, oltre chiaramente a comportare una minore lucidità sul lavoro.

La mancanza di ausili adeguati

Spesso è la mancanza di strutture e arredi pensati per gli anziani o disabili a rendere più difficile il lavoro degli OSS. Pensiamo a tutte quelle strutture private in cui spesso non ci sono letti elettrici, montascale,  vasche per disabili, sollevatori e accessori a parete per il sostegno della persona, tra gli altri.

Tutti ausili che renderebbero più facile il lavoro degli OSS, evitando loro di dover fare sforzi fisici di un certo tipo, nonché più semplice la vita dei pazienti stessi.

La mancanza di supporto e adeguata formazione

La mancanza di una adeguata formazione può avere diverse conseguenze negative per gli operatori socio-assistenziali, ma anche per le persone che da loro ricevono assistenza.

Per gli operatori, la mancanza di formazione adeguata può portare ad una scarsa sicurezza e competenze limitate, il che può aumentare il rischio di errori con effetti negativi sul benessere delle persone cui si prestano le cure.

Inoltre, gli operatori che non hanno ricevuto una formazione adeguata potrebbero avere maggiori difficoltà nel gestire situazioni difficili o a rispondere in modo efficace alle esigenze dei propri assistiti, il che non è un problema secondario.

Detto questo, non dimentichiamo che gli operatori non sufficientemente formati potrebbero non essere in grado di riconoscere i segnali di allarme o le situazioni di emergenza, il che può mettere a rischio la sicurezza dei loro pazienti.

Le difficoltà emotive legate al lavoro

Lavorare con persone bisognose di assistenza può essere emotivamente impegnativo.

Gli OSS devono infatti rapportarsi ogni giorno con la sofferenza dei loro pazienti, e spesso devono gestire situazioni difficili e stressanti. Ciò può essere emotivamente stancante e può mettere a dura prova le loro capacità di analisi della situazione nonché quella di intervento.

Per questo motivo gli operatori fanno bene a non farsi coinvolgere emotivamente e cercare di rimanere il più possibile lucidi e distaccati, così da poter analizzare in maniera obiettiva la situazione che di volta in volta affrontano e risolverla in maniera adeguata.

Le difficoltà legate alla comunicazione

Gli OSS spesso lavorano con persone che hanno difficoltà di comunicazione, come anziani o disabili che hanno problemi di parola o di udito, e ciò può rendere difficile per loro comunicare efficacemente e comprendere le esigenze dei loro assistiti.

D’altro canto, per i pazienti sordi o muti, la difficoltà di comunicazione può essere frustrante e può portare a maggiore ansia e stress, oltre a rendere difficile l’ottenere l’assistenza di cui hanno bisogno.

Per poter gestire situazioni di questo tipo, è importante che gli operatori socio assistenziali siano ben formati sul come riuscire a comunicare con i pazienti sordi o muti, ad esempio attraverso l’utilizzo del linguaggio dei segni o di altre tecniche di comunicazione alternativa.

Conclusione

In conclusione gli OSS affrontano numerose sfide e difficoltà di ogni tipo nell’esercitare il loro lavoro, alcune delle quali non facili da gestire.

Nonostante ciò, continuano a dedicare tutte le loro energie a prendersi cura di persone che hanno bisogno di assistenza, dimostrando un impegno e una dedizione davvero straordinari.

La professione di Operatore Socio Sanitario riveste dunque un’importanza non indifferente nella nostra società, per questo motivo la loro presenza dovrebbe essere garantita all’interno di strutture pubbliche e private, così come direttamente a domicilio quando necessario.

Quanti tipi di box doccia esistono?

Oggi il mercato offre una grande varietà di soluzioni anche per il bagno, elementi in grado di adattarsi perfettamente a questa stanza di casa così intima ed importante per noi.

È proprio qui infatti che cerchiamo il giusto relax nell’arco della giornata, affidandoci magari alle speciali “cure” di una doccia rigenerante ed in grado di consentirci di eliminare stress e tossine.

Il box doccia in particolare, è in grado di influire in maniera diretta sia sul benessere di chi lo utilizza, che sul design e dunque sull’impatto estetico in generale.

Per questo motivo la scelta del box doccia deve essere ponderata, e bisogna per questo considerare i tanti fattori che incidono sia sull’aspetto estetico che quello funzionale.

In questa maniera sarà possibile scegliere bene senza rischiare di fare un acquisto errato: un prodotto visto in negozio può infatti sembrare eccezionale a prima vista, ma bisogna sempre considerarlo all’interno del contesto in cui desideriamo posizionarlo, dunque non valutarlo a sé come elemento unico.

La prima cosa da fare è dunque cercare di capire quanti tipi di box doccia esistano, al fine di individuare quello perfetto per le nostre necessità.

Le varie tipologie di box doccia

Ecco dunque quelle che sono le tipologie di box doccia che molto probabilmente andremmo a trovare se facessimo un giro in negozio.

Ogni modello è diverso dagli altri e presenta delle caratteristiche che lo rendono perfetto per uno specifico tipo di utilizzo o per risolvere una esigenza in particolare.

  • Porte scorrevoli: i modelli di box doccia con porte scorrevoli presentano due ante che si muovono su binari. Il vantaggio di questo modello è il consentire l’apertura delle ante senza creare ingombro e consentendo dunque di recuperare molto spazio.
  • Porte a battente: i modelli con porte a battente sono probabilmente tra i più eleganti in assoluto. Chiaramente questo tipo di apertura occupa molto spazio, quello necessario al libero movimento delle ante in apertura ed in chiusura, ma il risultato estetico è certamente eccezionale.
  • Angolare: il box doccia angolare è probabilmente il più comune e per questo un grande classico. Ne esistono due versioni: quelli con ante scorrevoli e quelli con porte a battente. La soluzione con porte scorrevoli è particolarmente utile quando gli spazi sono ristretti e per questo si preferisce far scivolare le ante così da non creare ingombro. I modelli di box doccia angolare con porte a battente consentono invece di aprire le porte indifferentemente verso l’interno o verso l’esterno, garantendo tanta eleganza al tuo bagno.
  • Box a tre lati: nel caso in cui tu non decida di optare per un box angolare, puoi sempre decidere di posizionare il box doccia in maniera tale che “tocchi” una sola parete. È una soluzione recente ed elegantissima, e puoi scegliere il tipo di apertura che preferisci tra ante a battente o quelle scorrevoli. Molto dipende dalla presenza di eventuali ingombri nei pressi del tuo box doccia.
  • Box con ante a soffietto: è il tipico box con le ante pieghevoli, consente di risparmiare il massimo dello spazio ed è da preferire laddove le ante scorrevoli non siano installabili.

Il massimo della personalizzazione per il tuo bagno

Grande varietà di prodotti e di scelta dunque, per una soluzione perfettamente in grado di coniugare estetica e funzionalità.

A prescindere da quelle che sono le dimensioni del tuo bagno e gli spazi a disposizione intorno alla doccia infatti, puoi tranquillamente trovare il prodotto che fa al caso tuo e riuscire così a personalizzare al meglio questo importante ambiente di casa.

I materiali moderni garantiscono infine il massimo della resa estetica, della durata nel tempo e dell’igiene.

Meglio i dispositivi anticaduta o quelli di ritenzione?

In cantiere esistono principalmente due modi per tutelare gli operai che lavorano ad alta quota: i sistemi anticaduta e quelli di ritenzione.

Di seguito approfondiremo gli aspetti legati alle caratteristiche di entrambi, così da consentire di cogliere le differenze principali tra essi.

Cosa li accomuna

Per quel che riguarda ciò che accomuna dispositivi anticaduta e quelli di ritenzione, possiamo dire che in entrambi i casi gli operai indossano una particolare imbracatura di sicurezza, la quale è assicurata al sistema di anticaduta per mezzo di un’apposita corda o cavo.

Tipicamente, i lavoratori si agganciano ad una linea vita da tetto, la quale è il massimo per la sicurezza dato che è in grado di assicurare in maniera affidabile il dispositivo anticaduta ad essa agganciato, impedendo di fatto al lavoratore di precipitare verso il basso anche in caso di caduta accidentale.

Le differenze

La differenza sostanziale risiede nel fatto che nei sistemi anticaduta i lavoratori vengono protetti in caso di caduta accidentale, dato che il loro movimento verso il basso viene prontamente arrestato.

I sistemi di ritenzione invece, hanno direttamente il compito di impedire agli operai di mettersi in una posizione tale dalla quale potrebbe poi scaturire una caduta.

Si potrebbe dunque pensare che la seconda possa essere da preferire, ma ci sono delle necessità di cantiere per le quali spesso si rende necessario andare a lavorare proprio sul bordo del tetto e dunque un sistema anticaduta in quei casi è da preferire.

Il sistema anticaduta

Il sistema anticaduta non va ad impedire agli operai di compiere determinati movimenti, ma al contrario si limita ad impedirne la caduta verso il basso nel caso in cui questa si verifichi.

Dunque un sistema anticaduta fa in maniera tale che la caduta si vada a fermare prima che l’operaio possa toccare terra o semplicemente avvicinarsi al suolo.

Chiaramente in questo caso è importante adoperare dell’attrezzatura specifica che sia in grado di gestire le forze in causa generate da un lavoratore che cade da una certa quota.

In particolar modo tale sistema deve essere in grado di assorbire l’urto, evitando così di scaricarlo per intero sul corpo del lavoratore.

Si tratta dunque di una certezza e per questo tale sistema è oggi ampiamente adoperato all’interno di cantieri di ogni tipo e comunque laddove ci sia la necessità di lavorare ad alta quota.

Il sistema di ritenzione

Come accennato, con un sistema di ritenzione vi è una corda della lunghezza adatta ad impedire all’operaio di raggiungere una zona di pericolo, ovvero il bordo del tetto.

Il cavo ha infatti una lunghezza fissa calcolata tra la distanza che esiste tra il punto in cui essa è fissata ed il bordo del tetto, così da avere sempre un margine di sicurezza.

Ad ogni modo in determinati casi, quelli in cui la distanza dal bordo non è sempre uguale ma può variare, ed è possibile anche andare a regolare manualmente la lunghezza desiderata del cavo.

Ciò può aumentare il livello di rischio, per cui va pensato un utilizzo consapevole di questa opzione.

Considerazioni finali

Tenuto conto delle caratteristiche di entrambi i dispositivi citati, possiamo dire che non ve ne sia uno da preferire dall’altro a prescindere. Molto dipende infatti dalle necessità di cantiere, dunque dalla tipologia di lavoro da eseguire.

Va tenuto conto ad ogni modo anche di altri fattori quali l’esperienza degli operai che andranno ad effettuare quel determinato tipo di lavoro, la necessità di avere particolare libertà di movimento, la frequenza con la quale i lavoratori dovranno salire sul tetto e la durata stessa dei lavori.

Come sbloccare una caldaia che è andata in blocco

La caldaia è certamente uno dei più importanti dispositivi che abbiamo in casa, forse il più importante.

Quando questa per un qualsiasi motivo ha un malfunzionamento sicuramente abbiamo necessità di far provvedere rapidamente alla sua riparazione, dato che senza la caldaia non possiamo ad esempio avere acqua calda per fare una doccia o quella necessaria a riscaldare i termosifoni.

Ecco dunque il perché sono in tanti a considerare la caldaia come l’impianto principale di un appartamento, il fulcro del benessere.

Le anomalie che fanno andare in blocco la caldaia

Una delle anomalie che più spesso si presenta con le caldaie è quella per la quale la caldaia va in blocco e non si capisce bene come sbloccarla. Vediamo allora di capirne di più sul perché una caldaia possa andare in blocco e la maniera in cui è possibile rimediare.

La pressione dell’acqua è troppo bassa

Nel caso in cui la caldaia vada in blocco, la prima cosa che possiamo fare è quella di verificare la pressione dell’acqua.

Per far ciò, è sufficiente avvicinarci alla caldaia e leggere l’apposito manometro che indica la pressione dell’acqua espressa in Bar. Considera che di norma la pressione ottimale di esercizio per una caldaia è compresa tra 1,2 e 1,5 Bar.

Nel caso in cui la pressione della tua caldaia sia inferiore a questa soglia minima, probabilmente questo è il motivo per il quale la caldaia è andata in blocco.

In questo caso per risolvere ti sarà sufficiente aprire il rubinetto che si trova sotto la caldaia per far entrare dell’acqua nel circuito, così che la pressione possa nuovamente salire ripristinarsi su valori normali.

La pressione del gas è troppo bassa

Nel caso in cui la pressione del gas sia troppo bassa, la caldaia può andare in blocco. Ciò significa che la caldaia non riceve la giusta pressione di gas e per questo motivo si ferma. 

Per riuscire a capire se sia veramente questo il problema, puoi fare una rapida verifica: accendi i fornelli dal gas della cucina e prova a notare se la pressione dei fornelli è quella solita o se ti sembra essere ridotta.

Nel secondo caso c’è probabilmente un problema di erogazione e devi per questo contattare la tua azienda fornitrice di gas, chiedendo lumi sulla situazione dato che il problema non è della caldaia.

Errore non specificato

È possibile che la caldaia, ci riferiamo in particolar modo a quelle moderne con display, restituisca un errore non specificato o errore generico.

In questo caso il dispositivo non è dunque in grado di dirti quale sia la ragione per la quale Il sistema è andato in blocco, ma potrebbe trattarsi semplicemente di uno sbalzo di tensione.

In questa eventualità per risolvere devi semplicemente riavviare la caldaia premendo il tasto “reset”.

Se questo non sarà sufficiente, dovrai allora provvedere ad effettuare un reset completo. Ciò significa che dovrai direttamente togliere l’alimentazione alla caldaia e poi darle corrente riaccendendola.

Nel caso in cui il problema dovesse persistere, fai bene a contattare il tuo tecnico di installazione caldaie di fiducia per sentire il suo parere in merito.

Conclusioni

Dunque il fatto che la caldaia vada in blocco non è una cosa rara, ma al contrario è una eventualità che può anche capitare spesso. 

Per riuscire a risolvere devi prima essere in grado di individuare il problema, e le informazioni che ti abbiamo dato in questo articolo ti renderanno molto più facile questa fase.  

Individuato il problema specifico per il quale la caldaia è andata in blocco, adesso sai anche cosa fare per riuscire a sbloccarla e dunque farla funzionare nuovamente.

Laser industriali: migliore produttività e costi contenuti

Una delle sfide che oggi interessa maggiormente l’intero settore industriale e quello della produzione in genere, è il riuscire ad aumentare il livello di produttività per rispondere in maniera soddisfacente alle richieste di mercato ma soprattutto alle richieste da parte dei clienti, che sono sempre più esigenti dal punto di vista dell’evasione degli ordini e dunque dei tempi di consegna.

Maggiore precisione di taglio e affidabilità

Questo è il motivo per il quale realtà produttive di ogni settore trovano nei laser industriali l’alleato perfetto in grado di consentire loro di riuscire a produrre più pezzi in un arco di tempo ristretto, aumentando al tempo stesso la qualità della produzione. Il laser infatti è gestito autonomamente da un robot, ed è in grado di garantire una precisione di taglio che non teme paragoni sia per quel che riguarda la cura dei più piccoli particolari che per la curvatura e tutte le altre difficoltà di taglio, saldatura o marcatura che di norma interessano il taglio laser quando questo è gestito da un operatore umano.

Vi è inoltre da considerare che c’è un interessante ritorno a livello economico in quanto chiaramente è necessaria meno manodopera e soprattutto un numero di ore lavorative inferiore per produrre lo stesso numero di pezzi. Dunque i vantaggi nell’operare con i laser industriali sono notevoli e per questo vi fanno ricorso realtà aziendali di ogni settore: dall’ambito medico-estetico a quello militare, dal settore aerospaziale a quello dell’industria automobilistica, giusto per citare alcuni esempi.

I laser industriali di Optoprim

Sul sito di Optoprim è possibile visionare un’ampia panoramica di laser industriali così da farsi un’idea su quelli che possono essere i laser maggiormente adatti alla tipologia di utilizzo che se ne intende fare. Ad ogni modo è possibile richiedere una consulenza specifica e lasciarsi così aiutare dallo staff, il quale sarà certamente in grado di individuare la soluzione che maggiormente è in grado di soddisfare le necessità specifiche.

Asciugamani elettrico by Mediclinics

Quando ci si trova all’interno di un locale pubblico e bisogna utilizzare i servizi igienici, ma lo stesso dicasi nelle toilette di aeroporti e stazioni, una delle cose che dà più fastidio all’utenza è il dover asciugare le mani con panni che potrebbero essere stati toccati da altre persone o fazzoletti sui quali potrebbero annidarsi germi e batteri di ogni tipo. La carta poi, ha la caratteristica di non asciugare del tutto le mani nell’immediato e soprattutto di rilasciare quei fastidiosi piccoli residui sulla pelle. Chi gestisce esercizi commerciali o uffici di ogni tipo, così come chi si occupa della gestione delle toilette all’interno di edifici pubblici e grandi infrastrutture, sa bene quali siano le necessità dell’utenza e quali gli accorgimenti in grado di fornire un servizio molto più apprezzato. In particolare, l’asciugamani elettrico Mediclinics è quel tipo di dispositivo altamente tecnologico che affina un elegante design ad una efficienza mai vista prima.

Questo modernissimo dispositivo, interamente realizzato in Europa e quindi pienamente osservante della normativa vigente in materia di sicurezza, è in grado di asciugare le mani nell’arco di 10 o 15 secondi, grazie al suo getto potente. L’utente non deve far altro che mettere la mani in posizione ed il getto si avvierà automaticamente, e l’assoluto igiene sarà garantito proprio dall’assenza di qualsiasi tipo di contatto. L’assenza di una resistenza inoltre, garantisce consumi più bassi grazie anche alla possibilità di regolare la potenza di erogazione del getto. Un innovativo sistema di raccolta delle gocce farà in modo che queste vengano convogliate all’interno di un apposito serbatoio ed eviterà così il formarsi delle solite pozze d’acqua che genericamente si creano sui pavimenti. Quando il serbatoio sarà pieno, un apposito segnale acustico avviserà della necessità di vuotarlo, operazione che può essere fatta in pochissimi secondi. È possibile contattare il recapito telefonico 0264672220 per ulteriori informazioni o preventivi.

Approvata la Direttiva Case Green: quali sono le disposizioni? 

Il Parlamento Europeo ha recentemente approvato la Direttiva Case Green, un importante passo verso un futuro a emissioni zero entro il 2050. La decisione, giunta dopo intensi negoziati e proteste politiche, è stata accolta con 370 voti favorevoli, 199 contrari e 46 astenuti. Naturalmente, non sono mancate le polemiche da parte di chi ritiene gli obiettivi troppo stringenti.

Obiettivi della Direttiva

La direttiva stabilisce obiettivi ambiziosi mirati alla riduzione delle emissioni di carbonio nel settore edilizio. A partire dal 2028, tutti gli edifici pubblici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero, estendendo l’obbligo ai nuovi edifici residenziali entro il 2050. Per gli edifici esistenti, sono previsti target di efficienza energetica che richiedono una riduzione dei consumi entro il 2030 e il 2035.

Più nel dettaglio, nell’ambito degli edifici residenziali esistenti, i consumi dovranno essere ridotti del 16% entro il 2030 e del 20% o 22% entro il 2035. L’obbligo di installare i pannelli solari riguarderà solo i nuovi edifici pubblici e sarà progressivo, dal 2026 al 2030. Dal 2040 le caldaie a metano dovranno essere eliminate e dal 2025 non sarà più possibile incentivarle. Non è invece passata l’ipotesi di introdurre classi energetiche armonizzate.

Gli incentivi previsti per adeguarsi

Per raggiungere questi obiettivi, i Paesi membri devono adottare misure per promuovere la riqualificazione energetica degli edifici. In particolare, tutti i membri dell’UE dovranno concentrarsi sugli edifici più energivori: sarà infatti necessario garantire che il 55% della riduzione dei consumi medi derivi dalla riqualificazione degli edifici meno performanti. Dl punto di vista pratico e operativo, la direttiva consente ai Paesi membri di adottare misure che prevedano la riduzione delle tasse, come le detrazioni fiscali fino ad ora utilizzate, ma anche forme di risparmio come lo sconto in fattura. 

Sono inoltre previsti fondi di garanzia. Tuttavia, si prevede che i nuovi vincoli della direttiva influenzeranno anche i bonus edilizi esistenti.

Tempistiche e procedimenti

Dopo l’approvazione del Parlamento Europeo, il testo della direttiva deve ottenere il via libera dal Consiglio europeo prima di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale e diventare vincolante. I Paesi membri avranno poi due anni di tempo per recepire le norme della direttiva nei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali. La Direttiva Case Green rappresenta un importante impegno verso la sostenibilità ambientale nel settore edilizio, delineando una roadmap chiara per ridurre le emissioni di carbonio e migliorare l’efficienza energetica degli edifici in tutta l’Unione Europea.

Italia, fanalino di coda in UE per i prezzi dell’elettricità

In un momento in cui la popolazione italiana, così come quella europea in generale, è alle prese con l’aumento dell’inflazione, il costo dell’elettricità rappresenta un’ulteriore fonte di preoccupazione nella gestione delle finanze dei piccoli consumatori. 

I Paesi dove si vive meglio

Lo studio della banca N26 sull’Indice di vivibilità identifica i Paesi europei che offrono una migliore qualità della vita, tenendo conto dei costi da affrontare, in particolare per l’affitto e l’elettricità, nonché della densità di popolazione e del senso di felicità generale dei residenti di ciascun Paese analizzato.

Tra i vari costi considerati per definire la classifica dei Paesi più vivibili d’Europa, quelli relativi all’elettricità rivestono una particolare importanza, sia in termini assoluti sia se analizzati in relazione all’importo medio degli stipendi. 

L’Italia in coda alla classifica: costi energetici troppo alti

Secondo i dati dello studio, l’Italia si colloca al terzultimo posto della classifica per il costo medio annuo dell’elettricità: nel nostro Paese, infatti, il costo registrato è tra i più alti d’Europa, sfiorando i 700 euro. Si tratta di un importo inferiore rispetto a quello di Germania e Belgio, dove il costo si aggira rispettivamente sui 757 e 761 euro, ma se rapportato agli stipendi medi (31.530 euro in Italia contro i 45.457 euro della Germania e i 52.035 euro del Belgio), risulta particolarmente elevato. 

La percentuale di stipendio “bruciata” dall’energia elettrica 

La percentuale di stipendio che gli italiani spendono per l’elettricità, infatti, equivale a più del 2% ed è inferiore solo a quella della Grecia. In Grecia, infatti, sebbene il costo dell’elettricità sia molto basso, circa 414 euro all’anno, la popolazione guadagna in media molto meno, con stipendi che si aggirano intorno ai 16.000 euro all’anno.

Come si determina l’indice di vivibilità

L’indice di vivibilità di N26 si concentra su 12 Paesi europei selezionati in base alla loro attrattiva per i trasferimenti, alle dimensioni della popolazione e alla stabilità economica. La classifica è stata determinata analizzando le spese energetiche medie nel 2023, gli aumenti salariali medi dal 2022 al 2023, la densità di popolazione al 16 luglio 2023 e i livelli medi di felicità dal 2020 al 2022.

Le classifiche più alte riflettono spese energetiche più basse, aumenti salariali più elevati rispetto all’inflazione, minore densità di popolazione e livelli di felicità più elevati, con l’obiettivo di evidenziare i Paesi più favorevoli per il trasferimento o la residenza in base al punteggio complessivo.

Cibo e alimentazione sostenibile: cosa mangeremo nel futuro?

Cosa mangeremo domani? Qualunque alimento purché a basso impatto ambientale e sociale. La questione del cibo sostenibile non riguarda soltanto le scelte di gusto personale o capacità nutritive degli alimenti, ma anche le conseguenze della produzione degli alimenti sull’equilibrio del Pianeta. Secondo la FAO il 31% delle emissioni di gas serra generate da attività umane è riconducibile ai sistemi agroalimentari.

In fatto di cibo sostenibile oggi sembrano prevalere due correnti principali. Da una parte quella guidata dall’innovazione, che sta portando alla graduale introduzione di alimenti del tutto inediti rispetto a quelli tradizionali. Dall’altra, una sorta di ritorno alle origini, ovvero, alla reintroduzione o salvaguardia di tecniche agricole e di produzione più tradizionali, e meno impattanti sull’ambiente.

Alghe e carne coltivata

Le alghe sono sicuramente tra gli alimenti a minor impatto ambientale potendo essere coltivate praticamente ovunque, con un ridottissimo dispendio energetico ed emissioni molto contenute. A livello nutritivo, è un alimento ricco di sali minerali e vitamine che può essere aggiunto a molti altri alimenti. La coltivazione di alghe inoltre potrebbe ridurre le colture terrestri e quindi limitare le emissioni complessive di gas serra dovute all’agricoltura.

Uno dei super alimenti prodotti grazie all’innovazione tecnologica è la carne coltivata, prodotta in laboratorio grazie all’innesto di cellule staminali di animali vivi e sani che vengono fatte proliferare in appositi bioreattori.
Una produzione, che se applicata su larga scala, porterebbe alla drastica riduzione dei gas serra e del consumo di acqua degli allevamenti intensivi, pur comportando consumi energetici non indifferenti.

Insetti, alimento di domani

Oltre alla carne allevata, sono gli insetti uno dei potenziali alimenti del futuro di cui si parla di più.
In diverse aree del mondo sono già consumate diverse specie di insetti in quanto fonte di proteine ad alta qualità, paragonabili a quelle di carne o pesce.

Le criticità con riferimento agli insetti, oltre alle questioni etiche e di gusto, soprattutto per popolazioni non abituate al consumo di questo genere di alimento, riguardano l’ambito igienico-sanitario legato a grandi quantità di insetti allevate in modo intensivo per la successiva trasformazione alimentare.

Il riso ibrido con la carne (dentro)

Un altro degli alimenti più consumati a livello globale, il riso, è stato recentemente rivisitato per dare vita a una sorta di alimento ibrido tra cereale e carne, ovvero un riso proteico che al suo interno contiene una percentuale di cellule di manzo (circa l’8% del totale).
Insomma, una sorta di super alimento che non solo ha un livello nutrizionale più completo rispetto al riso tradizionale, ma che contribuisce a ridurre drasticamente l’impatto ambientale.

Se infatti per 100g di proteine prodotte con il riso proteico vengono emessi poco più di 6 kg di CO2, per produrre la stessa quantità di proteine da carne bovina le emissioni di CO2 salgono a quasi 50 kg.
A oggi, riporta Adnkronos, il riso ibrido è solo in fase di sperimentazione, ma le sue potenzialità possono essere importanti anche in ottica di contrasto alla fame nel mondo.

Smart City: a che punto è l’Italia?

Usufruire di servizi digitalizzati, e dunque più veloci, contribuisce a migliorare la qualità della vita. E abitare in città automatizzate, con attenzione al trasporto sostenibile e all’autonomia energetica, renderà i cittadini più consapevoli e pronti alle sfide del futuro.

La trasformazione delle città in Smart City è un processo che sta avvenendo da diversi anni. A trainare questo cambiamento è appunto la digitalizzazione, che ha un forte impatto sulla quotidianità, spesso in maniera positiva. 
L’Italia sta lavorando in questo senso, e anche grazie ai fondi del PNRR per le città intelligenti l’82% dei Comuni ha avviato progetti che puntano a digitalizzazione, sostenibilità e inclusione.

Il 68% dei cittadini percepisce i vantaggi di un boom tecnologico “comunale”

L’attenzione alle Smart City emerge anche dalle opinioni dei cittadini italiani. 
Come spiegano i dati dell’Università Niccolò Cusano sulle Smart City il 68% della popolazione si aspetta un boom tecnologico da parte del comune di residenza, e ne percepisce i vantaggi. Soprattutto nei servizi anagrafici, tributari e di mobilità.

Iniziano inoltre a comparire le prime classifiche delle città più intelligenti del paese. Per stilare la graduatoria delle città più smart d’Italia l’Università Niccolò Cusano ha preso in considerazione 30 indicatori suddivisi in 6 macro categorie, smart governance, environment, economy, mobility, living, people. 
I dati sono estrapolati da strumenti territoriali che riportano i livelli di utilizzo dei servizi, la presenza di rilevatori digitali, il tasso di occupazione. I comuni analizzati sono 7,901.

Città metropolitane intelligenti con oltre 500mila abitanti

Al primo posto della classifica delle città metropolitane più intelligenti si posiziona Milano, seguita da Roma, Torino e Genova.
Al 5° e al 6° posto si trovano le due metropoli del sud Italia, Palermo e Napoli.

Quanto alle città capoluogo di provincia più smart, la classifica delle più intelligenti è guidata principalmente da città del Nord, e al primo posto si trova sempre Milano.
Un risultato che non sorprende, visto che si tratta di una capitale economica importante per il paese. Seguno Trento e Bolzano a completare le prime tre posizioni, mentre Roma è solo ottava.
Chiude la classifica delle prime 10 Bergamo, che continua a recuperare posizioni e per alcuni parametri risulta ai primi posti delle classifiche.

Ma a investire nelle città digitali non sono solo i grandi comuni, e a guidare la classifica dei comuni smart per numero totale è la Lombardia.

Il podio dei piccoli comuni tra 2mila e 50mila abitanti

Assago, un paese di meno di 10mila abitanti, ha raggiunto il punteggio di 97,2/100, secondo solo a Milano. Un risultato che premia l’impegno dei cittadini ed è un ottimo catalizzatore per altre iniziative.

Al Centro Italia il primo posto è occupato da Sesto Fiorentino, al Sud, Sestu, in provincia di Cagliari.
I primi 3 piccoli micro comuni smart, con meno di 2mila abitant, sono Rhêmes-Notre-Dame, in Valle d’Aosta al Nord, Lunano nelle Marche al Centro, e Ancarano, in provincia di Teramo, al Sud, riporta Adnkronos.

Gli italiani e San Valentino: perchè nel 2024 “vince” la cena a casa? 

Cambiano le mode, cambiano le abitudini d’acquisto ma gli italiani non rinunciano a festeggiare San Valentino, la festa degli innamorati. E’ dunque interessante scoprire come i nostri connazionali celebrano il giorno più romantico dell’anno. Lo trascorrono con la loro dolce metà, naturalmente. Ma con modalità che in questo 2024 sono un po’ mutate rispetto al passato. Secondo un’indagine condotta da DoveConviene, un’app che semplifica lo shopping, il 65% degli italiani ha scelto di festeggiare questo momento speciale con una cena a due, ma a casa.

Le motivazioni di questa tendenza, oltre alla volontà di godere di una serata all’insegna della privacy, sono molto più prosaiche. In tempi come quelli che stiamo vivendo, è infatti necessario tenere sotto controllo il budget.

Una scelta guidata dalla necessità di risparmiare

Questa decisione, tuttavia, non è guidata solo dalla volontà di trascorrere la serata in intimità, ma anche da un’attenzione maggiore nei confronti del bilancio familiare. In un periodo in cui l’inflazione continua a impattare sulle abitudini di acquisto, quasi il 77% dei consumatori preferisce celebrare l’amore tra le quattro pareti domestiche, approfittando di prodotti in promozione per risparmiare tempo e denaro.

Il menù gourmet per due

Con un gesto romantico, il 52% degli italiani ha intenzione di sorprendere il proprio partner con un menù realizzato personalmente, mentre il 24% opta per un’esperienza a quattro mani ai fornelli, condividendo l’intimità e il divertimento della preparazione. Per creare il menù ideale, i consumatori privilegeranno alimenti sani e leggeri (43%), senza rinunciare al piacere del cibo raffinato, scegliendo ingredienti di alta qualità e gourmet (37%).

La ricerca di prodotti top si riflette anche nelle abitudini d’acquisto, con il 93% degli italiani che preferisce recarsi nei negozi fisici per assicurarsi gli ingredienti migliori.

Piatti light e sofisticati in tavola

La scelta del menù comprende piatti a base di pesce (31%), pasta fresca e risotti (30%), preferibilmente leggeri, perfetti per una cena tradizionale e sofisticata senza appesantire lo stomaco. Il dessert è un elemento imprescindibile per concludere la cena in dolcezza. Più della metà degli italiani (51%) preferisce acquistare il dolce presso la pasticceria, garantendo così un tocco finale di classe alla serata ed evitando spiacevoli inconvenienti.

La classica torta è la scelta preferita per il 41% degli italiani, seguita dal semifreddo al cucchiaio (31%). Non mancano ovviamente i golosi: oltre il 26% dei nostri connazionali non rinuncerà a un delizioso dolce al cioccolato per concludere la serata.

ICT, advertising e software guidano l’exploit del digitale italiano

Il mercato digitale italiano cresce senza segnare battute d’arresto. Un vero e proprio export che, nel 2023, ha superato per portata anche gli indicatori economici generali. La corsa, inoltre, non si ferma, tanto che si prevede un superamento dei 90 miliardi di euro entro il 2026.

Nel 2023, nonostante le incertezze economiche e geopolitiche, il mercato digitale si è rivelato in ottima salute,  con una crescita del 2,8%. I settori trainanti sono stati i Servizi ICT (+9%), Contenuti e pubblicità digitale (+5,9%) e Software e soluzioni ICT (+5,8%).

Un ruolo fondamentale nell’economia italiana

Il presidente di Anitec-Assinform, Marco Gay, sottolinea che, nonostante le sfide globali, il mercato digitale mantiene un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’economia italiana, guidando l’innovazione. Nel corso del 2023, tecnologie come l’intelligenza artificiale generativa e ChatGPT hanno catturato l’attenzione, trasformando settori come il Made in Italy, la sanità e la pubblica amministrazione.

Nei primi sei mesi del 2023, il mercato digitale ha raggiunto i 38.106 milioni di euro, con una crescita del 2,5% rispetto al periodo corrispondente del 2022. I settori con la crescita più elevata sono stati i Servizi ICT (+8,8%), il mercato Cloud (+19,8%), Contenuti e pubblicità digitale (+6%) e Software e soluzioni ICT (+5,7%). Le previsioni indicano una chiusura del 2023 con un valore di 79.209 milioni di euro e una crescita complessiva del 2,8%, con previsioni ancora più ottimistiche per gli anni successivi, raggiungendo un valore di oltre 90 miliardi di euro nel 2026.

Il boom dell’intelligenza artificiale

I Digital Enabler, in particolare l’intelligenza artificiale, continuano a essere un traino significativo per lo sviluppo del mercato digitale italiano, con una prevista crescita media annua del 28,2% tra il 2023 e il 2026.
Marco Gay evidenzia che le dinamiche del mercato digitale sono strettamente legate alla trasformazione digitale, all’economia, alla sostenibilità e ai rischi cibernetici globali. La crescente domanda di competenze digitali specializzate è evidente, spaziando dai developer agli architetti cloud.

Cresce la spesa per la cybersecurity

La seconda parte del rapporto si focalizza sulla cybersicurezza, rilevando un aumento degli attacchi informatici nel 2023, con una crescita del 13% nella spesa per la cybersecurity. Settori come la sanità e la pubblica amministrazione, a livello centrale e locale, mostrano un crescente interesse per soluzioni di sicurezza informatica.

La Pubblica Amministrazione rappresenta un attore chiave nel mercato digitale, con una prevista crescita del 9,1% nel 2023, portando il valore del mercato digitale nella PA a quasi 8 miliardi di euro.

PA e rivoluzione digitale: Italia al bivio tra ritardo tecnologico e innovazione AI

La trasformazione digitale sta investendo la Pubblica amministrazione italiana, e l’Intelligenza Artificiale è il motore di questo cambiamento.
Nonostante alcuni ritardi nella digitalizzazione rispetto ad altre nazioni, l’Italia mostra segnali promettenti, specialmente nelle sperimentazioni AI nel settore pubblico, dove si discute l’essenzialità degli investimenti in tecnologie avanzate come Cloud Computing e Blockchain, unite alla necessità di un significativo sviluppo delle competenze digitali.

È inoltre cruciale considerare il ruolo della normativa, in particolare, l’introduzione dell’AI Act, nel guidare e rendere sicuro il percorso dell’innovazione.
Con una visione chiara e investimenti mirati, l’Italia può trasformare le sfide in opportunità, diventando un modello di innovazione nella PA.

“È fondamentale adottare un approccio strategico e condiviso”

La rivoluzione digitale della PA promette di trasformare il modo in cui vengono erogati servizi e processi ai cittadini, e l’AI emerge come chiave per un futuro più efficiente e dinamico.
“Stiamo assistendo a un cambiamento radicale, dove l’AI può svolgere un ruolo decisivo nell’ammodernare i servizi pubblici – commenta Federico Aiosa, Head Of Sales del Central Public Sector Welfare Area -. Ma è fondamentale adottare un approccio strategico e condiviso. La posizione dell’Italia nelle classifiche internazionali di digitalizzazione non soddisfa ancora le nostre aspettative a causa di vari fattori, come la limitata spesa nelle soluzioni ICT e la mancanza di competenze digitali avanzate tra i lavoratori pubblici”.

Investimenti e tecnologie abilitanti

Fortunatamente, l’Italia si distingue per il numero di sperimentazioni nel campo dell’AI nel settore pubblico. “Ciò evidenzia un crescente interesse verso l’innovazione – aggiunge Aiosa -. Ora è essenziale convertire queste sperimentazioni in azioni concrete”.
Per una trasformazione digitale efficace, l’Italia deve quindi puntare su soluzioni tecnologiche avanzate e un cambio culturale nelle pubbliche amministrazioni. Tecnologie come il Cloud Computing, Quantum Computing e la Blockchain sono cruciali. “Il deficit di competenze digitali – continua il manager – è un ostacolo notevole. È fondamentale investire in programmi di formazione specifici”.

Il ruolo della normativa

La normativa deve evolversi per accompagnare e consolidare le opportunità offerte dalla tecnologia. Recentemente è stato introdotto l’AI Act, la prima legge al mondo che tenta di regolamentare l’Intelligenza artificiale in maniera strutturale.

“Per accompagnare questo cambiamento, è necessaria una normativa che supporti l’innovazione, garantendo al contempo la privacy e la sicurezza dei dati” spiega ancora Aiosa.
Insomma, la trasformazione digitale nella Pubblica amministrazione italiana rappresenta una sfida europea e globale.
Con una visione chiara, investimenti mirati e un forte impegno nella formazione, l’Italia può sfruttare il potenziale dell’AI per innovare i servizi pubblici e migliorare la vita dei cittadini diventando un esempio da seguire.

Donne e società: cosa influenza la propria (auto)rappresentazione?

In un mondo in cui il corpo è il centro di ogni interesse, apparire è un diktat, essere sui social proietta il corpo in una dimensione terza, qual è l’impatto sul rapporto delle donne con il proprio corpo?
Risponde un’indagine condotta da Eurispes, e realizzata con l’Associazione Filocolo: oltre un terzo delle donne (36,4%) riferisce un rapporto negativo con il proprio corpo. Le over65 valutano con maggiore frequenza il proprio corpo in maniera positiva (66%) rispetto alle più giovani (58,8%).

Per la maggioranza delle donne curare il proprio aspetto esteriore riveste comunque una certa importanza (74,5%), e per il 74,1% sentirsi bella è importante nel rapporto con sé stessa. Per il 68,2% influisce positivamente sull’umore, mentre per il 64,7% influisce sul modo di relazionarsi con gli altri, tanto che il 55,7% non esce di casa se non ha curato il suo aspetto esteriore. 

Belle a ogni costo?

Una donna su 4 destina oltre 100 euro al mese alla cura della propria bellezza. Sentirsi bella è importante prima di tutto nel rapporto con gli altri (49,6%): piacersi fa apparire più potenti (39,3%), essere considerata bella dagli altri e ricevere apprezzamenti è importante (38,4%).

Poco meno della metà delle donne dedica poi oltre mezz’ora ogni giorno al proprio aspetto, mentre una su 5 più di un’ora. Un quinto, al contrario, riserva a questo impegno meno di 10 minuti.
Un quarto delle donne (25,3%), inoltre, ammette di essersi sottoposta alla chirurgia estetica, e i trattamenti estetici preferiti sono soprattutto quelli volti a contrastare l’aumento di peso e gli effetti del tempo. 

Il peso: in lotta con il corpo

Se il pensiero dell’invecchiamento del corpo angoscia il 41,1% delle donne, il peso corporeo è una parte importante del proprio aspetto esteriore (62,2%), e il 57,2% se potesse cambierebbe in parte il proprio corpo.
L’8,5% poi ha fatto esperienza di anoressia e il 7,6% di bulimia. Più comune la fame nervosa, il mangiare in modo compulsivo o fare abbuffate, sperimentata dal 22,9%.

Il 14,6% riferisce inoltre di episodi di fame notturna, il 12,1% di ortoressia nervosa (ossessione per il cibo sano e naturale). Più raro il picacismo, il disturbo che induce a mangiare cose non commestibili, come conseguenza di stati di malessere e nervosi (4%).

Il ruolo del giudizio degli altri

Alla larga maggioranza delle donne è capitato di ricevere giudizi sulla corporatura (72,8%), apprezzamenti per un avvenuto dimagrimento (69,4%) o incoraggiamenti a prendersi maggior cura del suo aspetto (66,9%), ma non mancano commenti negativi sull’aspetto esteriore (55%).

Il 63,8% delle donne prova invidia nei riguardi di donne ritenute più belle e il 52,9% senso di inadeguatezza rispetto ai modelli femminili proposti nei film, serie Tv o sui Social.
Il 64,6% delle donne è stata, inoltre, oggetto di apprezzamenti non graditi, come ad esempio il catcalling, mentre il 53,7% si è sentita inadeguata fisicamente in seguito a un rifiuto o alla fine di una relazione.

Casa: resta un pilastro della sicurezza ma i prezzi lievitano

Emerge dal 2° Rapporto Federproprietà-Censis, ‘La casa nonostante tutto’: gli italiani considerano la proprietà della casa in cui vivono un fattore di sicurezza e stabilità (83,2%). È espressione della propria identità e personalità (78,4%) ed è un investimento sicuro (69,1%), tanto che il 50,0% dei proprietari non venderà mai la propria abitazione per tramandarla in eredità a figli o nipoti.

Insomma, possedere una casa è ancora un pilastro della stabilità individuale e della coesione sociale, ma l’accesso alla proprietà è diventato più difficile.
Il 59,8% dei non proprietari afferma che il rialzo dei tassi di interesse ha reso più oneroso e complicato acquistare un’abitazione, mentre per il 35,9% dei proprietari con un mutuo il pagamento delle rate è più difficoltoso. Soprattutto al Centro (41,4%) e al Sud (37,2%).

Da fattore di agio a potenziale disagio

La gestione della casa si fa nel complesso più gravosa, e la sua proprietà rischia di trasformarsi da fattore di tutela in fattore critico.
Per il 75,5% degli italiani le spese relative alla casa pesano molto sul budget familiare (80% famiglie con redditi bassi e 57,6% più abbienti).

Nonostante il raffreddamento dei prezzi nel corso dell’anno, il comparto casa (abitazione, acqua, elettricità, gas) ha registrato le variazioni più elevate nel primo (+24,7%) e nel secondo trimestre 2023 (+14,0%), molto superiori al tasso di inflazione medio (+9,0% primo e +7,5% secondo trimestre).
Solo nel terzo trimestre il taglio ai costi di energia elettrica e gas ha riportato i costi della casa a un +4,2%.

Sì al green, ma serve il supporto dello Stato

Tra i requisiti fondamentali per l’acquisto di una casa il 64,6% degli italiani include la classe energetica. Riguardo la direttiva europea Casa green per l’efficientamento energetico delle abitazioni, il 73,3% degli italiani ne è a conoscenza.

Per il 51,1% è un atto positivo e il 40,1% lo apprezza, ma il 22,0% teme che possa tradursi in un ulteriore aggravio dei costi di gestione degli immobili, il 16,3% prevede che gli interventi non saranno economicamente sostenibili e il 10,7% è preoccupato per un eventuale crollo dei prezzi delle case.
È opinione unanime (90,2%) che gli interventi dei proprietari debbano essere accompagnati da aiuti economici dello Stato nella forma di detrazioni, incentivi, altre misure di sostegno.

Social e senior housing

Se la proprietà della casa è tra le aspirazioni top, c’è anche attenzione per soluzioni abitative nuove, come il social housing in locazione: Una soluzione temporanea, nell’attesa di poter acquistare una casa di proprietà (24,6%), un servizio abitativo attraverso il quale poter reperire un alloggio temporaneo (22,2%), e un’alternativa all’acquisto di una casa di proprietà (28,1%).

Molto più alto il consenso per il senior housing come soluzione abitativa riservata alle persone anziane.
Al 78,9% degli italiani piace, perché permette di affrontare la vecchiaia con serenità vivendo in un ambiente protetto (76,1%) e offre la possibilità di un accesso agevolato a servizi sanitari e socio-assistenziali (20,7%).

Anche a Natale 2023 non si rinuncia a viaggiare

Nonostante le difficoltà economiche dovute a rincari e inflazione la voglia di vacanza non si ferma. Ma come saranno le vacanze natalizie e invernali degli italiani? Risponde l’ultimo aggiornamento di Future4Tourism, l’indagine Ipsos che dal 2017 analizza ed esplora i trend del turismo nazionale e internazionale. E quest’anno il 20% delle persone intervistate dichiara di avere intenzione di concedersi un periodo fuori casa durante le festività natalizie, in aumento di 2 punti percentuali rispetto allo scorso anno. E oltre la metà, il 64%, prevede di fare almeno un periodo di vacanza tra gennaio e marzo 2024. 

Capodanno è sempre al centro del viaggio 

Inoltre, se circa otto persone su dieci durante le festività rimarranno in Italia, e per il 47% degli intervistati il Capodanno è la festività che si decide di includere prevalentemente nel proprio periodo di viaggio.

In aumento, poi, la quota di coloro che, pur facendo vacanze via da casa, non includeranno alcuna festività. Nel 2023 sono il 31%, +7 punti percentuali in confronto allo scorso anno.

Il 64% farà almeno una vacanza tra gennaio e marzo 2024

Il 64% degli italiani e delle italiane prevede di fare almeno un periodo di vacanza tra gennaio e marzo 2024, riportando la percentuale dei vacanzieri ai livelli pre-pandemia: a novembre 2019 la quota di viaggiatori invernali era infatti pari al 63%.

Tra chi ha già deciso la destinazione, l’Italia perde consensi rispetto al passato più recente, pur rimanendo saldamente al primo posto nelle scelte di viaggio per il 62% dei vacanzieri (+6 punti percentuali rispetto all’inverno 2023).
Si ricomincia a viaggiare principalmente verso le mete europee (25%) e accresce l’interesse per le crociere (4%).

Città d’arte, mare o montagna sugli sci?

Relativamente alla tipologia di vacanza, i viaggiatori si suddividono quasi equamente tra coloro che preferiscono vacanze in città d’arte, al mare e in montagna, lago, o collina.
Inoltre, nonostante si registri una ripresa delle visite culturali, queste restano ancora lontane dal periodo pre-pandemico (45% delle scelte vs il 35% attuale) favorendo le destinazioni di mare e montagna.

Ma l’inverno per molti italiani e italiane significa trascorrere giornate sulla neve. Tra chi ha deciso di concedersi un periodo di vacanze sugli sci il 20% non modificherà le proprie abitudini rispetto agli scorsi anni, ma il restante 80% si vedrà costretto ad adottare strategie di contenimento della spesa. Come? Scegliendo località con prezzi degli impianti di risalita più contenuti (31%), riducendo le giornate di sci (27%) fino alla completa rinuncia, almeno per quest’anno (22%).