Great Gloom: dopo la Great Resignation arriva la grande tristezza

In questi ultimi anni sta esplodendo un altro fenomeno che riguarda il mondo del lavoro: dopo la Great Resignation arriva la Great Gloom, la grande tristezza dei lavoratori.
Secondo i dati di un’indagine di BambooHR, dal 2020 il termometro che misura la felicità dei dipendenti è sceso a un tasso costante del 6%, con aumento al 9% nell’ultimo anno.

Con il morale dei dipendenti che peggiora di anno in anno, le aziende hanno un ruolo sempre più importante. Quello di innescare il cambiamento e arrestare la tendenza della Great Gloom, che secondo la società di consulenza statunitense Gallup sta costando all’economia globale una cifra vicina al 9% del Pil, pari a 8,8 trilioni di dollari.
Favorire un clima aziendale positivo, stimolando l’engagement e il benessere dei dipendenti può infatti avere un impatto sulla produttività, rappresentando uno dei driver principali di crescita e sviluppo dell’azienda.

Millenial e GenZ attribuiscono un nuovo significato al “lavoro felice”

“Gli investimenti nella felicità dei dipendenti possono generare ritorni tangibili e misurabili – afferma Stefano Brigli Bongi, co-founder & cmo di Kampaay -. Se pensiamo che trascorriamo la maggior parte della nostra giornata al lavoro è naturale come sia importante creare un ambiente sereno e positivo, che possa favorire il benessere dei dipendenti, cruciale per aumentarne la produttività ma anche per consentire loro di realizzarsi pienamente come persone. Aspetti che sono sempre più sentiti soprattutto dai Millenial e dalla GenZ, che hanno attribuito un nuovo significato al lavoro felice”.

Il 46% dei lavoratori italiani segnala alti livelli di stress quotidiano

Di fatto, secondo Gallup, nel 2023 l’insoddisfazione e lo stress nel lavoro ha raggiunto picchi storici del 44%. In Italia addirittura il 46% dei dipendenti parla di alti livelli di stress quotidiano.

“Spossatezza, mancanza di energia, stanchezza cognitiva, isolamento lavorativo – evidenzia Michela Romano, psicologa e psicoterapeuta di Santagostino Psiche – sono tutti sintomi generati dal contesto lavorativo e gestiti in modo poco efficace o addirittura sottovalutati. Le cause possono essere molteplici, possono riguardare l’organizzazione degli spazi lavorativi, così come i conflitti interpersonali, lo stile di leadership, il ritmo di lavoro, la mancanza di riconoscimento dei propri meriti, una retribuzione più adeguata in base alla propria qualifica o al tempo speso in ufficio, la gestione del tempo casa-lavoro”.

Benessere e salute dei dipendenti è sempre più una priorità per le aziende

Ma alcune aziende ‘illuminate’ hanno già intrapreso azioni per migliorare il benessere dei dipendenti, riporta AdnKronos. Stanno infatti investendo risorse volte a trasformare la cultura aziendale per valorizzare il capitale umano, fondamentale per promuovere lo sviluppo dell’organizzazione nel lungo periodo.

“L’attenzione al benessere e alla salute dei dipendenti sta diventando sempre più una priorità per le aziende – spiegano Carlo Majer ed Edgardo Ratti, co-managing partner di Littler Italia -. I dati della nostra indagine annuale European Employer Survey 2023 lo confermano: il 70% delle aziende coinvolte ha dichiarato di promuovere azioni volte al benessere dei dipendenti, come chiave per attrarre e trattenere i talenti”.

Italia, fanalino di coda in UE per i prezzi dell’elettricità

In un momento in cui la popolazione italiana, così come quella europea in generale, è alle prese con l’aumento dell’inflazione, il costo dell’elettricità rappresenta un’ulteriore fonte di preoccupazione nella gestione delle finanze dei piccoli consumatori. 

I Paesi dove si vive meglio

Lo studio della banca N26 sull’Indice di vivibilità identifica i Paesi europei che offrono una migliore qualità della vita, tenendo conto dei costi da affrontare, in particolare per l’affitto e l’elettricità, nonché della densità di popolazione e del senso di felicità generale dei residenti di ciascun Paese analizzato.

Tra i vari costi considerati per definire la classifica dei Paesi più vivibili d’Europa, quelli relativi all’elettricità rivestono una particolare importanza, sia in termini assoluti sia se analizzati in relazione all’importo medio degli stipendi. 

L’Italia in coda alla classifica: costi energetici troppo alti

Secondo i dati dello studio, l’Italia si colloca al terzultimo posto della classifica per il costo medio annuo dell’elettricità: nel nostro Paese, infatti, il costo registrato è tra i più alti d’Europa, sfiorando i 700 euro. Si tratta di un importo inferiore rispetto a quello di Germania e Belgio, dove il costo si aggira rispettivamente sui 757 e 761 euro, ma se rapportato agli stipendi medi (31.530 euro in Italia contro i 45.457 euro della Germania e i 52.035 euro del Belgio), risulta particolarmente elevato. 

La percentuale di stipendio “bruciata” dall’energia elettrica 

La percentuale di stipendio che gli italiani spendono per l’elettricità, infatti, equivale a più del 2% ed è inferiore solo a quella della Grecia. In Grecia, infatti, sebbene il costo dell’elettricità sia molto basso, circa 414 euro all’anno, la popolazione guadagna in media molto meno, con stipendi che si aggirano intorno ai 16.000 euro all’anno.

Come si determina l’indice di vivibilità

L’indice di vivibilità di N26 si concentra su 12 Paesi europei selezionati in base alla loro attrattiva per i trasferimenti, alle dimensioni della popolazione e alla stabilità economica. La classifica è stata determinata analizzando le spese energetiche medie nel 2023, gli aumenti salariali medi dal 2022 al 2023, la densità di popolazione al 16 luglio 2023 e i livelli medi di felicità dal 2020 al 2022.

Le classifiche più alte riflettono spese energetiche più basse, aumenti salariali più elevati rispetto all’inflazione, minore densità di popolazione e livelli di felicità più elevati, con l’obiettivo di evidenziare i Paesi più favorevoli per il trasferimento o la residenza in base al punteggio complessivo.

Gli italiani e San Valentino: perchè nel 2024 “vince” la cena a casa? 

Cambiano le mode, cambiano le abitudini d’acquisto ma gli italiani non rinunciano a festeggiare San Valentino, la festa degli innamorati. E’ dunque interessante scoprire come i nostri connazionali celebrano il giorno più romantico dell’anno. Lo trascorrono con la loro dolce metà, naturalmente. Ma con modalità che in questo 2024 sono un po’ mutate rispetto al passato. Secondo un’indagine condotta da DoveConviene, un’app che semplifica lo shopping, il 65% degli italiani ha scelto di festeggiare questo momento speciale con una cena a due, ma a casa.

Le motivazioni di questa tendenza, oltre alla volontà di godere di una serata all’insegna della privacy, sono molto più prosaiche. In tempi come quelli che stiamo vivendo, è infatti necessario tenere sotto controllo il budget.

Una scelta guidata dalla necessità di risparmiare

Questa decisione, tuttavia, non è guidata solo dalla volontà di trascorrere la serata in intimità, ma anche da un’attenzione maggiore nei confronti del bilancio familiare. In un periodo in cui l’inflazione continua a impattare sulle abitudini di acquisto, quasi il 77% dei consumatori preferisce celebrare l’amore tra le quattro pareti domestiche, approfittando di prodotti in promozione per risparmiare tempo e denaro.

Il menù gourmet per due

Con un gesto romantico, il 52% degli italiani ha intenzione di sorprendere il proprio partner con un menù realizzato personalmente, mentre il 24% opta per un’esperienza a quattro mani ai fornelli, condividendo l’intimità e il divertimento della preparazione. Per creare il menù ideale, i consumatori privilegeranno alimenti sani e leggeri (43%), senza rinunciare al piacere del cibo raffinato, scegliendo ingredienti di alta qualità e gourmet (37%).

La ricerca di prodotti top si riflette anche nelle abitudini d’acquisto, con il 93% degli italiani che preferisce recarsi nei negozi fisici per assicurarsi gli ingredienti migliori.

Piatti light e sofisticati in tavola

La scelta del menù comprende piatti a base di pesce (31%), pasta fresca e risotti (30%), preferibilmente leggeri, perfetti per una cena tradizionale e sofisticata senza appesantire lo stomaco. Il dessert è un elemento imprescindibile per concludere la cena in dolcezza. Più della metà degli italiani (51%) preferisce acquistare il dolce presso la pasticceria, garantendo così un tocco finale di classe alla serata ed evitando spiacevoli inconvenienti.

La classica torta è la scelta preferita per il 41% degli italiani, seguita dal semifreddo al cucchiaio (31%). Non mancano ovviamente i golosi: oltre il 26% dei nostri connazionali non rinuncerà a un delizioso dolce al cioccolato per concludere la serata.

Donne e società: cosa influenza la propria (auto)rappresentazione?

In un mondo in cui il corpo è il centro di ogni interesse, apparire è un diktat, essere sui social proietta il corpo in una dimensione terza, qual è l’impatto sul rapporto delle donne con il proprio corpo?
Risponde un’indagine condotta da Eurispes, e realizzata con l’Associazione Filocolo: oltre un terzo delle donne (36,4%) riferisce un rapporto negativo con il proprio corpo. Le over65 valutano con maggiore frequenza il proprio corpo in maniera positiva (66%) rispetto alle più giovani (58,8%).

Per la maggioranza delle donne curare il proprio aspetto esteriore riveste comunque una certa importanza (74,5%), e per il 74,1% sentirsi bella è importante nel rapporto con sé stessa. Per il 68,2% influisce positivamente sull’umore, mentre per il 64,7% influisce sul modo di relazionarsi con gli altri, tanto che il 55,7% non esce di casa se non ha curato il suo aspetto esteriore. 

Belle a ogni costo?

Una donna su 4 destina oltre 100 euro al mese alla cura della propria bellezza. Sentirsi bella è importante prima di tutto nel rapporto con gli altri (49,6%): piacersi fa apparire più potenti (39,3%), essere considerata bella dagli altri e ricevere apprezzamenti è importante (38,4%).

Poco meno della metà delle donne dedica poi oltre mezz’ora ogni giorno al proprio aspetto, mentre una su 5 più di un’ora. Un quinto, al contrario, riserva a questo impegno meno di 10 minuti.
Un quarto delle donne (25,3%), inoltre, ammette di essersi sottoposta alla chirurgia estetica, e i trattamenti estetici preferiti sono soprattutto quelli volti a contrastare l’aumento di peso e gli effetti del tempo. 

Il peso: in lotta con il corpo

Se il pensiero dell’invecchiamento del corpo angoscia il 41,1% delle donne, il peso corporeo è una parte importante del proprio aspetto esteriore (62,2%), e il 57,2% se potesse cambierebbe in parte il proprio corpo.
L’8,5% poi ha fatto esperienza di anoressia e il 7,6% di bulimia. Più comune la fame nervosa, il mangiare in modo compulsivo o fare abbuffate, sperimentata dal 22,9%.

Il 14,6% riferisce inoltre di episodi di fame notturna, il 12,1% di ortoressia nervosa (ossessione per il cibo sano e naturale). Più raro il picacismo, il disturbo che induce a mangiare cose non commestibili, come conseguenza di stati di malessere e nervosi (4%).

Il ruolo del giudizio degli altri

Alla larga maggioranza delle donne è capitato di ricevere giudizi sulla corporatura (72,8%), apprezzamenti per un avvenuto dimagrimento (69,4%) o incoraggiamenti a prendersi maggior cura del suo aspetto (66,9%), ma non mancano commenti negativi sull’aspetto esteriore (55%).

Il 63,8% delle donne prova invidia nei riguardi di donne ritenute più belle e il 52,9% senso di inadeguatezza rispetto ai modelli femminili proposti nei film, serie Tv o sui Social.
Il 64,6% delle donne è stata, inoltre, oggetto di apprezzamenti non graditi, come ad esempio il catcalling, mentre il 53,7% si è sentita inadeguata fisicamente in seguito a un rifiuto o alla fine di una relazione.

Casa: resta un pilastro della sicurezza ma i prezzi lievitano

Emerge dal 2° Rapporto Federproprietà-Censis, ‘La casa nonostante tutto’: gli italiani considerano la proprietà della casa in cui vivono un fattore di sicurezza e stabilità (83,2%). È espressione della propria identità e personalità (78,4%) ed è un investimento sicuro (69,1%), tanto che il 50,0% dei proprietari non venderà mai la propria abitazione per tramandarla in eredità a figli o nipoti.

Insomma, possedere una casa è ancora un pilastro della stabilità individuale e della coesione sociale, ma l’accesso alla proprietà è diventato più difficile.
Il 59,8% dei non proprietari afferma che il rialzo dei tassi di interesse ha reso più oneroso e complicato acquistare un’abitazione, mentre per il 35,9% dei proprietari con un mutuo il pagamento delle rate è più difficoltoso. Soprattutto al Centro (41,4%) e al Sud (37,2%).

Da fattore di agio a potenziale disagio

La gestione della casa si fa nel complesso più gravosa, e la sua proprietà rischia di trasformarsi da fattore di tutela in fattore critico.
Per il 75,5% degli italiani le spese relative alla casa pesano molto sul budget familiare (80% famiglie con redditi bassi e 57,6% più abbienti).

Nonostante il raffreddamento dei prezzi nel corso dell’anno, il comparto casa (abitazione, acqua, elettricità, gas) ha registrato le variazioni più elevate nel primo (+24,7%) e nel secondo trimestre 2023 (+14,0%), molto superiori al tasso di inflazione medio (+9,0% primo e +7,5% secondo trimestre).
Solo nel terzo trimestre il taglio ai costi di energia elettrica e gas ha riportato i costi della casa a un +4,2%.

Sì al green, ma serve il supporto dello Stato

Tra i requisiti fondamentali per l’acquisto di una casa il 64,6% degli italiani include la classe energetica. Riguardo la direttiva europea Casa green per l’efficientamento energetico delle abitazioni, il 73,3% degli italiani ne è a conoscenza.

Per il 51,1% è un atto positivo e il 40,1% lo apprezza, ma il 22,0% teme che possa tradursi in un ulteriore aggravio dei costi di gestione degli immobili, il 16,3% prevede che gli interventi non saranno economicamente sostenibili e il 10,7% è preoccupato per un eventuale crollo dei prezzi delle case.
È opinione unanime (90,2%) che gli interventi dei proprietari debbano essere accompagnati da aiuti economici dello Stato nella forma di detrazioni, incentivi, altre misure di sostegno.

Social e senior housing

Se la proprietà della casa è tra le aspirazioni top, c’è anche attenzione per soluzioni abitative nuove, come il social housing in locazione: Una soluzione temporanea, nell’attesa di poter acquistare una casa di proprietà (24,6%), un servizio abitativo attraverso il quale poter reperire un alloggio temporaneo (22,2%), e un’alternativa all’acquisto di una casa di proprietà (28,1%).

Molto più alto il consenso per il senior housing come soluzione abitativa riservata alle persone anziane.
Al 78,9% degli italiani piace, perché permette di affrontare la vecchiaia con serenità vivendo in un ambiente protetto (76,1%) e offre la possibilità di un accesso agevolato a servizi sanitari e socio-assistenziali (20,7%).

Customer Experience: nel B2b: poche imprese con approccio maturo

Solo l’8% delle aziende in Italia ha un approccio ‘maturo’ nei confronti della customer experience, ovvero, sfrutta appieno i vantaggi di una relazione personalizzata e collaborativa con i clienti.
Di fatto, nonostante circa un terzo di grandi aziende e Pmi operanti nel B2b affermi di adottare un approccio ‘cliente-centrico’ solo una piccola percentuale ha realizzato una completa trasformazione in questo senso.

È quanto emerge da una ricerca dell’Osservatorio Customer Experience nel B2b della School of Management del Politecnico di Milano.
“Oggi i clienti non si accontentano più di semplici transazioni commerciali – spiega Sara Zagaria, direttrice dell’Osservatorio – ma cercano relazioni personalizzate, un coinvolgimento omnicanale nel processo di acquisto e un servizio clienti tempestivo e di alta qualità”.

Cliente-centrico vs prodotto-centrico

L’approccio aziendale ‘cliente-centrico’, contrapposto a quello ‘prodotto-centrico’, ha le sue radici nell’ascolto attento dei clienti all’interno della catena del valore. 
In questo senso, se il 14% delle aziende può essere definito ‘promettente’ quasi la metà si trova ancora in fase embrionale rispetto a questa trasformazione. Il 26% è ‘immaturo’, non dispone né di una visione chiara né di strumenti organizzativi e tecnologici adeguati, e il 23% sta compiendo i primi passi grazie all’adozione di alcune attività preliminari.

Tra le filiere all’avanguardia si distinguono quella Finanziaria e del Terziario Avanzato, mentre la filiera agroalimentare si muove a due velocità, mantenendo un approccio tradizionale con clienti e intermediari commerciali nel 32% dei casi (19% ‘promettenti)’.

Ancora scarsa la dotazione tecnologica

Per un modello ‘cliente centrico’ serve un’opportuna dotazione tecnologica di piattaforme e strumenti in grado di valorizzare gli scambi informativi. Le imprese B2b mostrano però ancora immaturità nella raccolta e nell’integrazione di queste informazioni.
Nessuna azienda è pienamente matura dal punto di vista dell’infrastruttura tecnologica, e per più della metà questa non è adeguata a una prospettiva cliente-centrica.

Strumenti come il CRM sono presenti solo nel 34% delle imprese, e manca una capacità avanzata di analisi dei dati. Quasi un terzo delle aziende non effettua alcun tipo di analisi dei dati sui clienti, e il 57% si limita ad analisi di tipo descrittivo.
Il 52%, poi, utilizza esclusivamente tool di base, come Excel, che non permettono una condivisione efficace e tempestiva delle informazioni.

Il 69% delle aziende non ha una funzione responsabile

“Una strategia che sia orientata al cliente richiede prima di tutto un’organizzazione ad hoc, che coinvolga tutti gli attori e i processi nella relazione, con iniziative o strumenti declinati per ciascuna realtà – commenta Paola Olivares, co direttrice dell’Osservatorio – eppure, nel 69% delle aziende manca una funzione responsabile dei progetti di customer experience, e quando esiste, raramente riporta all’Amministratore Delegato. Solo il 17% delle aziende valuta positivamente la collaborazione tra le funzioni aziendali. Parallelamente occorre stabilire una relazione collaborativa con il cliente, basata su un dialogo costante e sul supporto reciproco, ma solo il 24% delle aziende si riconosce in questo approccio”.

Le spese obbligate delle famiglie italiane continuano ad aumentare

A causa dell’inflazione spendiamo di più, portiamo a casa meno beni e la gran parte della spesa la facciamo per ‘vivere’ e spostarci. Secondo una stima dell’Ufficio studi della CGIA riferita al 2022 gli acquisti per alimentari, trasporti e per la casa sono stati pari al 59,6% sul totale della spesa mensile media di una famiglia italiana. Tra il 2021 e il 2022 le uscite per le spese obbligate della famiglia media italiana sono incrementate di 171 euro (+16,6 %), mentre quelle complementari languono.
In termini monetari significa che a fronte di una spesa mensile media pari a 2.016 euro, 1.202 euro nel 2022 sono stati ‘assorbiti’ dalle spese obbligate. 

L’incidenza delle spese alimentari è cresciuta del 3,8%

All’interno dei 2.016 euro, 265 euro sono ‘usciti’ per benzina-gasolio e spese su mezzi pubblici, 425 euro per manutenzione della casa e bollette di luce-gas e spese condominiali, e 511 euro per cibo e bevande analcoliche. A causa del rincaro dei prezzi registrato l’anno scorso, rispetto al 2021 si ipotizza che l’incidenza delle spese alimentari sia cresciuta del 3,8%. E nonostante nel 2022 l’aumento medio dell’inflazione si sia attestato attorno all’8%, in termini assoluti l’incremento delle spese non obbligate si stima nullo. In altre parole, si ipotizza che negli ultimi due anni per acquistare alcolici, abbigliamento/calzature, mobili, tempo libero, ristorazione, ricettivo, istruzione, sanità, cura della persona la famiglia media italiana abbia speso mensilmente 815 euro.

Nel 2022 crescita stimata del 59,6% per casa, cibo e trasporti

I dati per ripartizione geografica riferiti al 2021 segnalano come l’incidenza della spesa obbligata su quella totale sia più alta al Sud e nelle Isole rispetto alle altre aree del Paese. Ovviamente, la minore capacità di spesa delle famiglie del Mezzogiorno contribuisce in misura determinante a questo risultato. Va altresì segnalato che a partire dal 2017 l’incidenza delle spese obbligate sul totale cresce tendenzialmente fino a toccare la punta stimata per il 2022 del 59,6%. Secondo i dati disponibili al 2021 la spesa media più alta a livello nazionale è ascrivibile alle famiglie residenti nella provincia autonoma di Bolzano (3.116 euro). Seguono Lombardia (2.904 euro), provincia autonoma di Trento (2.791 euro), Valle d’Aosta (2.721 euro) e Lazio (2.712 euro).

Carburanti e pedaggi ammontano al 53% dei costi per i trasporti

Dalla disaggregazione delle tre voci che costituiscono le spese obbligate (casa, cibo e trasporti) emerge che la somma dei consumi per le bollette (luce, acqua, gas, rifiuti ecc.), per gli alimenti di prima necessità (pane, latte e carne) e carburanti (gasolio, benzina, pedaggi ecc.) ammonta a oltre il 52% della spesa obbligata media annua della famiglia italiana (pari a 1.202 euro). Le bollette, ad esempio, sfiorano il 54% dell’intero costo della voce Abitazione, acqua, elettricità, gas e altri combustibili. La spesa per pane, latte e carne, invece, è pari al 50% della spesa totale per gli Alimentari e le bevande analcoliche. Carburanti e pedaggi, poi, ammontano al 53% della spesa totale della voce Trasporti.

Estate 2022, la vacanza italiana è stata… in villa

La vacanza in case di lusso piace sempre di più ai nostri connazionali e soprattuto agli stranieri, che scelgono proprio questa modalità per vivere il nostro paese. A dirlo è l’ultimo osservatorio di Emma Villas, big italiano nel settore del vacation rental. In base ai dati di settembre, si scopre così che nei mesi estivi le settimane prenotate sono aumentate del 52%, mentre i turisti stranieri hanno totalizzato oltre l’86% di presenze, facendo segnare un vero e proprio record. Nel 2022 sono state oltre 7.200 le settimane prenotate da chi ha scelto una villa o un casale per le sue vacanze o momenti di relax. 

Le regioni preferite per la vacanza in villa

Casali, antiche dimore, ville di pregio: location bellissime, ma dove? Tra le regioni italiane, al primo posto per preferenze si piazza la Toscana, con 3.770 settimane prenotate e un indice di occupazione in alta stagione del 95%, al secondo posto, con oltre 1.200 settimane prenotate e un’occupazione delle strutture al 92%, l’Umbria. Completa il podio la regione Marche, con 434 settimane e un indice di occupazione che è arrivato al 92% in alta stagione. Ottimi risultati registrati anche per Sicilia ed Emilia Romagna, rispettivamente con 384 e 331 settimane prenotate. L’osservatorio evidenzia altri dati interessanti, come a esempio il tasso di occupazione al 100% registrato in Abruzzo.

Gli inglesi veri fan del Bel Paese

Quale sono i Paesi di provenienza dei turisti che scelgono l’Italia per le loro vacanze, utilizzando la formula del vacation rental? Al primo posto tra i clienti extra Ue si collocano gli inglesi (20%) e statunitensi (14%). Massiccia anche la presenza di visitatori dell’Unione Europea: i tedeschi, con il 15%, sono in vetta alla classifica, seguiti dagli italiani (14%), che provengono principalmente da Lombardia (42%), Lazio (14%) ed Emilia-Romagna (10%).

Costi sotto controllo e clima di serenità per proseguire la ripresa

“Il soggiorno in ville di pregio è ormai un’opzione consolidata per il turismo internazionale e nazionale e i dati di quest’anno ci rendono ottimisti. Allo stesso tempo, però, il nostro ottimismo viene scalfito dalla preoccupazione per l’attuale situazione internazionale: l’inflazione, e quindi l’aumento del costo della vita, dell’energia, dei carburanti, e anche il rincaro dei voli italiani e internazionali, ad esempio, non fanno bene a nessun settore, in particolare quello del turismo” commenta  Giammarco Bisogno, fondatore e ceo di Emma Villas. “Il rilancio di questo settore rischia di essere vanificato, qualora non venissero apportate delle misure efficaci, in grado di tranquillizzare la clientela nazionale e internazionale e i proprietari delle strutture, preoccupati dal rincaro dei costi di gestione”. E ancora:  “Il tema dei costi energetici è cruciale per mantenere questa ripresa”.

Polizza Rc Auto: il 34,2% degli italiani la acquista dallo smartphone

Almeno una volta all’anno gli automobilisti devono mettere a budget la spesa per la polizza Rc Auto. Ma come viene acquistata dagli italiani l’assicurazione per l’automobile?
“La pandemia e le restrizioni imposte hanno spinto gli italiani a digitalizzare molti processi – spiega Andrea Ghizzoni, Managing Director Insurance di Facile.it -. Inevitabilmente anche il mondo delle assicurazioni è stato influenzato da queste dinamiche e l’acquisto da smartphone, device che può essere utilizzato in ogni momento e luogo, è ormai una realtà anche per il settore assicurativo”.
Secondo l’analisi di Facile.it, realizzata su un campione di oltre 279.000 polizze Rc Auto sottoscritte online, emerge infatti come rispetto al periodo pre-pandemia la percentuale di chi acquista la polizza Auto direttamente dallo smartphone sia aumentata: se nel Q1 2019 la percentuale era pari al 24,8%, oggi è il 34,2%. In pratica, 1 italiano su 3.

In Friuli-Venezia Giulia il 37,1% la sottoscrive tramite mobile

Dal punto di vista anagrafico, sono soprattutto gli individui con età compresa tra 25 e 44 anni a utilizzare maggiormente il cellulare per rinnovare o sottoscrivere la copertura per la propria vettura (38,8%). Nonostante i 65-74enni siano i meno propensi, quasi 3 italiani su 10 (28,5%) appartenenti a questa fascia d’età si affidano comunque al mobile per l’acquisto. Se a livello nazionale chi usa il cellulare per comprare l’Rc Auto rappresenta il 34,2% del campione, la percentuale sale fino al 37,1% in Friuli-Venezia Giulia, in cima alla classifica delle regioni più propense alla sottoscrizione di una assicurazione attraverso lo smartphone. Seguono sul podio Sardegna (36,5%) ed Emilia-Romagna (36,2%).

Garanzie accessorie, la più richiesta è l’assistenza stradale

Secondo i dati dell’Osservatorio Rc Auto di Facile.it, ad aprile 2022 occorrevano, in media, 443,07 euro, valore in linea con quanto speso a marzo, ma ancora inferiore rispetto a 12 mesi fa (-2,07%).
Quanto alle scelte degli automobilisti in materia di garanzie accessorie emerge come tra coloro che ne hanno inserita una in fase di preventivo, la più richiesta sia l’assistenza stradale (40%). Il dato può essere letto anche in virtù di un parco auto che continua a invecchiare. Lo scorso mese l’età media dei veicoli italiani era pari a poco più di 11 anni e mezzo, valore in aumento rispetto a quello rilevato nello stesso periodo del 2021 (10 anni e 9 mesi).

Anche la moto si assicura online

Tra le garanzie accessorie più richieste, sia pure a grande distanza, seguono la copertura infortuni conducente (19%), la tutela legale (18,4%) e la garanzia furto e incendio (11%). L’analisi di Facile.it non ha preso in considerazione solo la Responsabilità Civile per l’auto, ma anche quella per la moto. E anche in questo caso, dallo studio realizzato su oltre 23.800 polizze Rc Moto acquistate online, emerge che nel primo trimestre del 2022 un italiano su 3 (33,9%) ha acquistato la polizza per le due ruote direttamente dal proprio cellulare. Valore in aumento di 12 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2019.

Salute: un italiano su due si informa su Internet

Il 53% dei nostri connazionali tra i 16 e i 74 anni di età, in pratica un italiano su due, preferisce usare Internet per avere informazioni sulla salute.
Si tratta di un dato di poco inferiore alla media europea, che si attesta al 55%. Insomma, per ottenere informazioni sulla salute gli italiani e gli europei non fanno riferimento al medico o allo specialista. Almeno, non tutti. A confermarlo sono gli ultimi dati Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea, riferiti all’anno 2021. In particolare, su Internet i cittadini italiani ed europei cercano notizie relative alle malattie o alle cure, ma anche consigli per migliorare in generale il proprio benessere fisico. Ad esempio, cercando online informazioni e consigli sull’alimentazione. 

In 10 anni aumenta in tutta Europa l’uso del web per le informazioni sanitarie

Un’abitudine sempre più diffusa in tutta Europa, se si considera che nel 2011 la quota di europei che usavano il web per trovare informazioni sanitarie era del 38%, il 17% in più rispetto a dieci anni fa.  E in Italia nell’ultimo decennio il salto in avanti è stato addirittura di 26 punti percentuali: era il 27% nel 2011, e nel 2021 sale al 53%. Nell’ultimo decennio l’aumento è avvenuto in tutta Europa, anche se, secondo i dati diffusi da Eurostat, il salto più elevato è stato registrato a Cipro (+46% rispetto al 2011), seguita dalla Repubblica Ceca (+33), da Malta (+32) e Spagna (+31).

Finlandia, Paesi Bassi, Norvegia, e Danimarca sul podio

La percentuale di persone che cercano informazioni sanitarie online per scopi privati continua comunque a essere molto diversa tra gli Stati membri. La quota maggiore, nel 2021, è stata registrata in Finlandia (80%), seguita da Paesi Bassi e Norvegia (entrambe con il 77%), Danimarca (75%) e Cipro (74%). Per le quote più basse bisogna guardare alla Bulgaria (36%), alla Romania (40%), alla Germania (45%) e alla Polonia (47%), riferisce Ansa.

Eurostat: il punto di accesso a un’ampia gamma di dati sulla salute

Insomma, i cittadini della UE cercano online informazioni sanitarie relative a lesioni, malattie, alimentazione, migliorare la salute e il benessere.  La pagina panoramica di Eurostat, sulla salute funge da punto di accesso a un’ampia gamma di dati disponibili, incentrati sulla salute pubblica e sulla salute e sicurezza sul lavoro. La sezione dedicata dà accesso diretto alla banca dati sanitaria, che contiene sezioni su stato di salute, determinanti sanitari, assistenza sanitaria, disabilità, cause di morte, e salute e sicurezza sul lavoro. Se si cercano dati con analisi di accompagnamento, si può trovare la sezione Eurostat Statistics Explained, che contiene un elenco di tutti gli articoli e le pubblicazioni relative alla salute.