Con mobilità elettrica e home working meno inquinamento urbano

A Roma e Firenze, ma anche a Londra, il 10% delle strade più inquinate può arrivare a ‘ospitare’ quasi il 60% delle emissioni veicolari di tutta la città. Allo stesso modo, il 10% dei veicoli più inquinanti può arrivare a essere responsabile per ben più della metà delle emissioni. Ma rendendo ‘elettrico’ anche solo l’1% dei veicoli privati più inquinanti in un centro urbano, la conseguente riduzione delle emissioni di CO2 sarebbe pari a quella ottenuta se una quantità 10 volte maggiore di veicoli scelti a caso fossero elettrici. Risultati analoghi si otterrebbero dall’applicazione dell’home working mirato ad evitare i viaggi sistematici da casa al lavoro anche solo di una porzione della popolazione.

Una evidenza scientifica che deve guidare le politiche anti-emissioni

È quanto emerge da uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto di scienza e tecnologie dell’informazione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isti) in collaborazione con il Dipartimento di ingegneria informatica, automatica e gestionale (Diag) della Sapienza Università di Roma.  Insomma, la mobilità elettrica e l’adozione dell’home working potrebbero abbassare i livelli di inquinamento ed emissioni nelle città.
“Si tratta di una evidenza scientifica di quanto sia importante compiere scelte che siano informate”, commenta Mirco Nanni, ricercatore di Cnr-Isti che ha condotto lo studio e direttore del Kdd-Lab.

Targhe alterne, divieti di circolazione o incentivi all’elettrico?

“Misure come le cosiddette targhe alterne, ancora in voga fino a pochi anni fa, sono incredibilmente meno efficaci di politiche di riduzione delle emissioni che compiano invece scelte mirate – aggiunge Mirco Nanni -, come i più recenti divieti alla circolazione dei veicoli particolarmente inquinanti, o eventuali incentivi all’elettrico, che dovrebbero, però, essere concepiti per chi inquina di più”.
Ma chi inquina di più? “Dal nostro lavoro emerge che chi si sposta in modo più prevedibile, come nel tragitto casa-lavoro, è responsabile di una maggiore fetta di emissioni di chi ha, invece, un comportamento di mobilità più erratico e imprevedibile”, spiega Luca Pappalardo ricercatore del Cnr-Isti e coordinatore dello studio.

Solo con scelte informate si può “sapere dove colpire”

Questo tipo di ricerche possono essere di aiuto ai decisori politici.
“Nel concepire politiche di riduzione delle emissioni veicolari che siano veramente efficaci e riescano, così, ad avere un impatto positivo sulle nostre città, bisogna conoscere il fenomeno in modo approfondito – sottolinea Matteo Böhm, dottorando della Sapienza e autore dello studio -. Solo con scelte informate, infatti, si può ‘sapere dove colpire’, e arrivare così a ottenere il massimo risultato. La nostra speranza è che studi come questo possano aiutare a raggiungere questo obiettivo”.