Famiglie in difficoltà: stipendi inadeguati rispetto al costo della vita

Crescita dell’inflazione, perdita della capacità di spesa e costi energetici elevati costringono un numero sempre più alto di famiglie a vivere situazioni di indebitamento. Molti nuclei familiari lamento un peggioramento della propria situazione economica, e tra le famiglie che affermano di contrarre debiti o che prelevano risparmi per far quadrare il proprio bilancio, una su due dichiara di poter contare su un reddito inadeguato rispetto al costo della vita. Tra le motivazioni che contribuiscono a far crescere le difficoltà economiche degli italiani si aggiungono poi le elevate spese legate alla casa (27%), difficoltà lavorative (17%), inaspettati problemi di salute, o cambiamenti nella composizione del nucleo familiare. Lo rileva l’Osservatorio di Nomisma ‘SalvaLaTuaCasa’, promosso da Esdebitami Retake. 

L’identikit della famiglia “fragile”

Quali sono le caratteristiche delle famiglie più fragili che rischiano di trovarsi maggiormente in difficoltà? Secondo l’Osservatorio le famiglie ‘insolventi’, sono costituite da nuclei composti da un singolo genitore con 2 persone a carico e con un reddito complessivo mensile inferiore ai 2.400 euro.
Si tratta principalmente di donne, in una fascia d’età compresa tra 25 e 34 anni o tra 45 e 64 anni, con un titolo di studio medio. A incontrare difficoltà sono anche le cosiddette famiglie ‘in bilico’, con un reddito familiare inferiore ai 1.800 euro al mese e un lavoro prevalentemente come libero professionista.

Peggiora la situazione patrimoniale, si tagliano le spese

Nell’ultimo anno la situazione patrimoniale complessiva è nettamente peggiorata per il 35% delle famiglie insolventi, mentre per il 25% è peggiorata lievemente. Una percentuale più alta se si considerano le famiglie ‘in bilico’, rispettivamente 36% e 31%. Il peggioramento è riconducibile all’impatto dell’impennata delle utenze domestiche, e soprattutto, del pesante rialzo dell’inflazione su molti beni e servizi di prima necessità. Ma a cambiare rispetto a un anno fa sono anche i comportamenti di spesa, che vedono la riduzione del budget per le attività superflue. Infatti, i tagli maggiori riguardano il tempo libero (29%), attività culturali (27%), attività sportive (21%) o istruzione (9%).

Costretti a indebitarsi per far quadrare il bilancio

Alcune famiglie però hanno dovuto ridurre le spese anche per alcuni beni primari come, ad esempio, quelle per i generi alimentari (-6%) e le spese sanitarie (-9%). Questa situazione ha portato a un indebolimento della situazione patrimoniale generale tale per cui il 37% delle famiglie dichiara di riuscire a malapena a far quadrare il bilancio, mentre il 3% si è trovato costretto a contrarre un debito per spalmare la spesa in modo da incidere il meno possibile sul bilancio mensile.
Nel prossimo anno, riporta Adnkronos, 1 famiglia su 2 prevede un peggioramento della propria situazione economica, cui si aggiunge un calo di soddisfazione nei confronti della vita per il 19% degli intervistati, 

Come vorrebbero l’Italia i giovani?

Se i giovani sono convinti che la libertà di espressione oggi sia uno dei valori più presenti in Italia, pensano anche che debba ancora essere percorsa molta strada su altri aspetti relativi all’essere pienamente sé stessi. Rispetto ai loro genitori o fratelli maggiori, gli under 35 hanno più timore di essere giudicati dagli altri, e si sentono meno liberi di esprimersi davvero per quello che sono.
Insomma, i giovani, e i giovani adulti, vorrebbero un’Italia che permetta di essere pienamente sé stessi, lasciando chiunque libero di esprimersi. È questo uno dei temi emersi da una ricerca condotta da Eumetra per Lavazza, nell’ambito dell’iniziativa ‘L’Italia che vorrei’, con cui Qualità Rossa racconta un’Italia fatta di valori che si esprimono anche attraverso piccoli gesti, come quello di condividere un caffè.

Un Paese più giusto ed equo

Per l’occasione è stato chiesto ai giovani italiani quali sono i valori secondo loro più presenti oggi nel nostro Paese, e quali quelli in cui si identificano e che cercano di perseguire. Oltre al rispetto per le diversità e la libertà di espressione, gli under 35 vorrebbero un’Italia più giusta ed equa.
Diversamente dal resto della popolazione, però, sembrano essere più attenti alla sfera individuale, ancora in fase di compiuta realizzazione. A differenza degli over 35, che si concentrano su valori più ‘sociali’, come la lealtà e la dignità, i più giovani trovano infatti fondamentale poter lavorare sulla realizzazione di sé, anche con una punta di sana ambizione.

Il rispetto per l’ambiente si concretizza nel quotidiano

Naturalmente anche l’ambiente è importante, ma in modo più concreto di quanto si potrebbe pensare. Non è soltanto infatti un invito generico al rispetto per il nostro pianeta, ma un’attenzione a perseguire la sostenibilità anche nel quotidiano, ad esempio, attraverso l’uso di borracce al posto delle bottiglie di plastica. Questi valori, importanti e auspicati, non si ritrovano però nella musica più ascoltata dai giovani. Se viene chiesto loro di citare un cantante che nelle sue canzoni esprime valori di giustizia, equità e libertà di espressione, si torna indietro almeno agli anni ’80, se non prima, con la citazione di ‘mostri sacri’ come Bob Dylan, De André, Guccini o Vasco Rossi.

La musica pop oggi non esprime valori sociali

E anche i pochi cantanti contemporanei che si occupano di questi temi lo fanno quasi più tramite discorsi, stories e dichiarazioni, che con le loro canzoni, come nell’emblematico caso di Fedez, tra i cantanti più citati, ma del quale si fa fatica a trovare una canzone che ‘parli’ di valori. Non è il solo, però. Molto spesso a far pensare ai valori rappresentati è la reputazione degli artisti più che le canzoni, come dimostra il fatto che solo due intervistati su 10 riescano a citare qualche brano.

Mutui: perchè oggi è più difficile rispettare il rapporto rata/reddito?

Nella valutazione dell’aspirante mutuatario le banche si assicurano che l’importo della rata richiesta non superi, indicativamente, un terzo dello stipendio disponibile. Ma oggi, a causa dei tassi in aumento, gli aspiranti mutuatari devono fare i conti con rate più alte, che di fatto, complicano l’accesso al credito da parte delle famiglie. Secondo l’analisi di Facile.it, oggi quasi il 19% dei mutuatari che lo scorso anno hanno chiesto il mutuo non avrebbe i requisiti per presentare domanda. Vale a dire, non rispetterebbero il rapporto rata/reddito usato dalle banche come criterio di selezione per l’erogazione del finanziamento. 

Con i tassi attuali il 18,6% dei richiedenti non otterrebbe il finanziamento 

Non solo, Facile.it mette in luce come, a parità di rata, in un solo anno il potere di acquisto di un nuovo mutuatario sia calato del 22%, e oggi, per comprare casa tramite mutuo, bisogna avere un reddito più alto del 27% rispetto a dodici mesi fa
Quanto al rapporto rata/reddito dei mutuatari che hanno chiesto un mutuo a febbraio 2022, Facile.it ha stimato che a parità di importo con i tassi attuali il 18,6% dei richiedenti non sarebbe riuscito a ottenere il finanziamento, poiché fuori dal rapporto rata/reddito. Una percentuale che potrebbe salire ulteriormente nei prossimi mesi se i tassi continueranno ad aumentare.

A parità di importo occorre uno stipendio più alto

Ad esempio, considerando i migliori tassi disponibili online a febbraio 2022 la rata mensile di un mutuo standard a tasso fisso (126.000 euro al 70% da restituire in 25 anni) era pari a 482 euro. Questo significa che il richiedente, per ottenere il finanziamento, doveva avere un reddito netto mensile disponibile pari ad almeno 1.450 euro. Oggi, per lo stesso finanziamento, la miglior rata mensile è pari a 615 euro e il richiedente, per ottenere il mutuo, dovrebbe avere un reddito disponibile di almeno 1.845 euro. A parità di importo, quindi, ora per accedere alla domanda di finanziamento occorre uno stipendio più alto del 27% rispetto a quanto non fosse lo scorso anno.

Meglio orientarsi su importi più contenuti

L’alternativa è quella di orientarsi su importi più contenuti, tanto che dall’osservatorio di Facile.it emerge come nei primi due mesi del 2023 chi ha presentato domanda di finanziamento per l’acquisto della prima casa abbia chiesto, in media, 136.935 euro, valore in calo del 7% rispetto allo stesso periodo del 2022. L’aumento dei tassi si è quindi tradotto in un calo del potere di acquisto dei mutuatari. Se a febbraio 2022 con una rata mensile di circa 482 euro si poteva ottenere un mutuo fisso da 126.000 euro, oggi, con la stessa rata, si può puntare a un mutuo di appena 98.695 euro, ovvero il 22% in meno.

Parità di genere e diritti delle donne: a che punto è l’Italia?

Se a livello internazionale la maggioranza delle persone concorda sul fatto che la disuguaglianza di genere è ancora lontana dall’essere risolta, per il 67% degli italiani attualmente la disuguaglianza è in termini di diritti sociali, politici/economici. Soprattutto per le donne (73% contro 61% uomini).
L’8 marzo si celebra la Giornata Internazionale della Donna, e il sondaggio internazionale condotto da Ipsos in collaborazione con il Global Institute for Women’s Leadership del King’s College di Londra, mostra che tuttavia, rispetto agli anni precedenti la pandemia, quasi la metà degli italiani e delle italiane (49%, +3% vs 2019) ritiene che ci siano stati miglioramenti.
Il 50% (+7% vs 2018) sostiene che la parità sarà raggiunta, ma è un ottimismo che prevale principalmente tra gli uomini (57%) rispetto alle donne (42%).

L’alleanza uomo-donna è vantaggiosa per tutti 

In Italia, la maggioranza (56%) ritiene che l’alleanza tra uomo e donna sia un fattore di sostegno alla parità di genere. In particolare, il 61% delle donne e il 51% degli uomini. Al contempo, per un 42% ci si aspetta che gli uomini facciano troppo per sostenere la parità: un pensiero condiviso principalmente dagli stessi uomini (47%) rispetto alle donne (37%). Inoltre, il 42% ritiene che i passi in avanti compiuti sul tema della parità di genere vadano a discapito dell’uomo, mentre il 48% crede il contrario. E il 51% degli uomini (33% donne) sostiene che continuando a promuovere l’uguaglianza di genere si rischia una discriminazione al contrario. Ma in generale, un 43% ritiene che la parità di genere sia vantaggiosa allo stesso modo per entrambi i sessi.

Contrastare le discriminazioni anche nella quotidianità

Se il 35% ritiene però che le giovani donne abbiano una vita migliore rispetto a quelle delle loro mamme e nonne il 25% continua ad assistere a commenti sessisti da parte di amici o familiari, il 15% a discriminazioni sul luogo di lavoro e l’8% a molestie sessuali.
Per contrastare le discriminazioni e contribuire a promuovere la parità di genere, il 63% ritiene che si possano intraprendere diverse iniziative. Il 27% ha parlato di uguaglianza di genere con i propri familiari/amici e il 19% ha fatto notare pubblicamente un commento sessista su una donna. Inoltre, sul luogo di lavoro, il 16% ha parlato di parità di genere e il 9% ha riportato anche esempi di discriminazioni.

Agire sì, ma si temono le conseguenze

Ma sebbene la maggioranza dichiari di poter agire per combattere disuguaglianze e discriminazioni di genere, nel corso degli anni aumenta la quota di quanti temono conseguenze dovute all’esposizione a difesa dei diritti delle donne (30% vs 18% 2017). Durante l’ultimo anno, ad esempio, piccole minoranze (sotto il 10%) hanno dichiarato di non essere sicure di quale sia il modo giusto per parlare di parità di genere e/o delle misure da adottare. E il 22% non ha preso provvedimenti perché non si è mai trovato in una situazione in cui ha visto un esempio di disuguaglianza di genere.

Processi di acquisto, quali saranno i top trend del 2023?

Quali saranno le leve che guideranno i consumatori nei loro processi di acquisto? O meglio, quali saranno le tendenze del 2023 in ambito shopping? Euromonitor International, a questo proposito, ha appena pubblicato il suo tradizionale report che contiene tutte le risposte relative all’anno in corso. Top 10 Global Consumer Trends 2023, questo il nome dello studio, individua i fattori che definiranno le tendenze globali dei consumatori nel 2023. Ciò che emerge sicuramente preciso e attendile, dato che l’indagine è stata condotta in 100 diversi paesi del mondo.

Come si spende oggi?

Euromonitor osserva che i consumatori spendono in modo responsabile ma emotivo, c’è stando attenti a ciò che piace, che comunica benessere e gioia, e allo stesso tempo è accessibile e sostenibile. Accanto a questa attenzione, i consumatori si aspettano una sempre migliore esperienza digitale all’interno dei processi di acquisto. Ancora, la parità di genere e l’incisività diventano a tutti gli effetti delle parole d’ordine, specie per le donne, e diventa sempre più dirompente il ruolo della Generazione Z.  ruolo della digitalizzazione nei processi di acquisto, le richieste di uguaglianza femminile e una generazione Z dirompente, sono alcuni dei fattori che definiranno le tendenze globali dei consumatori nel 2023. Gli esponenti della Gen Z, infatti, difendono le proprie convinzioni e si mettono in discussione in prima persona. Questi consumatori sono totalmente insensibili alla pubblicità tradizionale, ma vogliono esperienza diretta, autenticità e attenzione all’impatto sociale di prodotti e servizi. Insomma, tutte indicazioni di cui le aziende non possono che tenere conto.

Spendere meno, spendere meglio

Visti i tempi che tutti siamo vivendo, con una crisi che appare permanente, è ovvio che una delle tendenze sia quella di risparmiare. O meglio, di spendere bene. In questo scenario sono interessanti per il pubblico le soluzioni flessibili di pagamento. Aumentano infatti il potere d’acquisto, rendono più leggero il peso dei costo e i consumatori possono spendere per il loro benessere. La “gioia”, infatti, è una motivazioni più forti per l’acquisto. Nel 2022, buy now pay later ha raggiunto un valore di 156 miliardi di dollari.  

La ribellione alla “fatica”

La ‘fatica’ è la parola che rientra nei dieci trend mondiali per il 2023.  Per contrastarla, i consumatori desiderano una  vita meno caotica, perfino ordinaria ma più ‘prospera’ sul fronte privato. Gli analisti, riferisce Ansa, individuano il fenomeno crescente dei ‘thrivers’ , ovvero coloro che per questo nuovo anno hanno deciso di rallentare i ritmi per ‘germogliare’ su altri fronti. Il nuovo stile di vita (più vita privata, meno carriera, meno impegni serrati) induce infatti il 55% del campione a vedersi più felice da qui ai prossimi 5 anni e, per il 48% anche più in salute. Il 53% dice di avere ridotto troppo il limite tra lavoro e vita personale nel 2022 e il 45% si è sentito troppo sotto pressione lo scorso anno.

Come rattoppare un jeans bucato: una guida passo-passo

Nulla è più antipatico del rovinare o bucare un jeans cui teniamo molto, soprattutto se lo abbiamo comprato da poco.

Per fortuna, con un po’ di buona volontà è possibile fare una buona riparazione anche se non siamo professionisti del cucito. Vediamo di seguito come.

Rattoppare un jeans bucato: la preparazione

Per rattoppare un jeans bucato, è necessario preparare alcuni strumenti e materiali. Di seguito ti elenchiamo i principali:

  • Il jeans da rattoppare
  • Filo di cotone dello stesso colore del jeans
  • Aghi per cucire a mano
  • Forbici
  • Accessori per coprire il buco (es. toppe di stoffa, patch adesive, etc.)

Identificazione del buco

Dopo aver preparato i materiali, è necessario individuare il buco nel jeans. Bisogna esaminare il tessuto attentamente per individuare la dimensione e la posizione del buco.

Se esso è piccolo e non si estende in molti punti differenti, può essere facile cucirlo e ripararlo. Se invece è grande o se si estende in più punti, potrebbe anche essere necessario comprare un altro jeans direttamente.

Rattoppare un jeans bucato: qual è la soluzione migliore?

Una volta identificato il buco, puoi scegliere la soluzione più adatta per porre rimedio. Di seguito ti elenchiamo alcune opzioni semplici da mettere in pratica:

  • Toppe di stoffa: sono un’ottima scelta per coprire buchi piccoli. Possono essere cucite a mano o con una macchina da cucire. Utilizzando una macchina da cucire, il lavoro sarà più veloce e preciso, inoltre avrai la possibilità di creare anche cuciture decorative per nascondere il buco.
  • Patch adesive: sono facili da applicare e possono essere utilizzate per coprire buchi di qualsiasi dimensione. Tuttavia, non sono molto resistenti e potrebbero staccarsi con il tempo.
  • Cuciture decorative: se il buco è in una posizione visibile, puoi utilizzare delle cuciture decorative per coprirlo e creare un effetto decorativo.

La riparazione vera e propria

Una volta scelta la soluzione, è necessario applicarla per effettuare la riparazione. In base a ciò che avrai scelto per rattoppare il tuo jeans strappato o bucato, ti forniamo le istruzioni per ogni tipo di soluzione:

H3: Toppe di stoffa

  • Taglia un pezzo di stoffa della dimensione del buco più un bordo di 1 cm.
  • Poni la toppa sopra il buco e fissala con del nastro adesivo.
  • Cucire la toppa a mano o con una macchina da cucire, utilizzando un filo dello stesso colore del jeans.

H3: Patch adesive

  • Pulire bene la zona del buco per rimuovere polvere e sporco.
  • Rimuovere la pellicola protettiva dalla parte posteriore della patch adesiva.
  • Posizionare la patch adesiva sopra il buco e premere per fissarla bene.

Finitura e manutenzione

Una volta che avrai applicato la soluzione prescelta per coprire il buco, è importante finire il lavoro per evitare che il buco si espanda o che si formino altri danni. Ecco allora alcuni consigli in proposito:

  • Se hai utilizzato una toppa cucita, assicurati che le cuciture siano ben strette e che non ci siano fili sporgenti.
  • Se hai utilizzato una patch adesiva, assicurati che sia ben attaccata e che non si stacchi.
  • Evita di lavare il jeans troppo spesso o di metterlo in asciugatrice, in quanto questo potrebbe causare danni alla soluzione applicata.
  • Se il buco è in una posizione particolarmente vulnerabile, come le ginocchia o le caviglie, cerca di evitare di piegarlo o di strofinarlo troppo per evitare che si espanda.

Conclusione

Rattoppare un jeans bucato può sembrare un compito difficile, ma con i giusti accorgimenti e materiali, diventa un’operazione semplice e veloce.

Come appena visto, esistono diverse soluzioni per rattoppare un jeans bucato, dalle toppe di stoffa alle patch adesive, e puoi scegliere quella che meglio si adatta alle tue esigenze e al tuo stile, nonché in base al tipo di buco o strappo.

Flat tax: gli autonomi pagano più tasse dei dipendenti

A quanto emerge dai calcoli dell’Ufficio studi della Cgia con l’innalzamento della flat tax fino a 85mila euro di fatturato gli autonomi continuano a pagare più tasse dei lavoratori dipendenti.
Solo nella fascia di reddito tra 60 e i 65mila euro le partite Iva che si avvalgono della ‘tassa piatta’ pagano meno. In tutte le altre comparazioni, ovvero tra 10mila a 55mila euro di reddito, gli autonomi pagano sempre molto più di impiegati e operai. Se, poi, il confronto è tra i dipendenti e i lavoratori autonomi che non applicano la flat tax il maggior prelievo in capo a questi ultimi aumenta a dismisura, con punte di oltre 6mila euro all’anno tra i 60 e i 65mila euro di reddito.

Interessate 140.000 partite Iva

La situazione, dunque, cambia segno a partire dalla classe di reddito pari a 60mila euro. In questo caso, gli autonomi con flat tax subiranno nel 2023 un prelievo fiscale annuo inferiore ai dipendenti di 640 euro, e di 1.285 euro con un reddito da 65mila. Ma quanti sono i potenziali lavoratori autonomi che con lo slittamento della soglia a 85mila euro potranno beneficiare del vantaggio fiscale garantito dall’applicazione della flat tax? Dall’elaborazione dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi 2021 (anno di imposta 2020), potrebbero essere 140mila.

Un costo aggiuntivo per lo Stato di 404 milioni di euro

Ma gli effettivi beneficiari del regime di favore sono meno di 140.000, in quanto oltre a non superare il limite di ricavi/compensi di 85mila euro, devono rispettare ulteriori requisiti stabiliti dalla legge. Tra cui, ad esempio, non aver sostenuto spese per lavoro dipendente, accessorio o di collaborazione, superiori a 20mila euro. Secondo i dati delle dichiarazioni dei redditi 2021 i contribuenti in regime forfetario ammontano a poco meno di 1.728.000. E secondo la Relazione tecnica allegata alla legge di Bilancio 2023, si stima che l’ampliamento delle soglie di ricavi/compensi per accedere alla flat tax previsto dal Governo Meloni comporterà un costo aggiuntivo per le casse dello Stato di 404 milioni di euro all’anno, riferisce Adnkronos.

L’Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa

Dal 2021, però, gli autonomi dispongono dell’ISCRO (Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa), costituita solo per il triennio 2021-2023 e rivolta esclusivamente ai professionisti e lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata INPS con redditi molto bassi e momentanei cali di fatturato. Si tratta di una indennità semestrale, richiedibile una sola volta nel triennio, pari al 25% dell’ultimo reddito dichiarato. La misura di sostegno prevede l’erogazione di una indennità mensile tra 250 euro e 800 euro, a seconda dei requisiti posseduti dal richiedente.

L’evoluzione della famiglia: in Italia prevale il modello tradizionale

In casa le donne italiane sono oberate, ma sono poco inclini a delegare a mariti e compagni. Insomma, la famiglia italiana è tradizionale, e le nuove generazioni tenderanno a replicare questo modello. Lo attesta la ricerca Diverse&Inclusive Family – L’evoluzione della famiglia in Italia di Eumetra per Henkel Italia. All’interno del campione, l’87% dichiara di convivere con un partner di sesso opposto, con figli nel 67% dei casi. Un quadro che non sembra destinato a mutare significativamente, almeno secondo i Millennial, che tra dieci anni si vedono sposati (76%) e con figli ancora in casa (78%), proprio come la generazione precedente. Si discosta del tutto la GenZ, che sembra fare molta fatica a pensarsi con una famiglia o a definirsi già tale. Tanto che solo il 3% ha deciso di partecipare attivamente all’indagine.

A guidare le scelte finanziarie è ancora l’uomo

Nelle grandi questioni familiari uomini e donne sembrano decidere insieme: la scelta della città in cui vivere è condivisa (74% uomini, 76% donne), così come la tipologia di abitazione (75%, 79%) e l’avere o meno figli (83%, 81%).
Le prime significative divergenze si riscontrano sulla scelta del lavoro e le grandi questioni finanziarie (acquisto di seconde case, finanziamenti, investimenti ecc.). Se sul lavoro predomina la scelta individuale, con il 53% degli uomini che dichiara di prendere in autonomia ogni scelta che riguardi il proprio futuro lavorativo (64% donne), i dati relativi ai grandi temi finanziari mostrano che a guidare le scelte è ancora l’uomo. Il 66% di loro condivide tali scelte con la compagna contro il 76% delle donne.

La cura della casa è a carico prevalentemente della donna

Nella quotidianità e nella gestione della casa la condivisione delle scelte è alta, ma tornano le differenze sulle decisioni impegnative, come l’acquisto di auto o moto (58% uomini, 71% donne) o la scelta delle utenze (47%, 57%). La cura della casa è ancora a carico prevalentemente della donna, un modello vicino a quello del passato, meno collaborativo e con una distinzione dei compiti più netta. Per una persona su 10 devono infatti esserci compiti ben definiti tra uomo e donna (6,4% uomini, 4,7% donne) perché hanno diverse predisposizioni (56%) o capacità (50%). Nella gestione dei figli è nei compiti quotidiani che uomini e donne concordano nell’affermare che la madre deve essere più presente. Il 66% delle donne dichiara di occuparsi del tutto dei compiti scolastici e di mantenere i contatti con la scuola (75%).

Lavoro e salario: permane il gender gap

Stando a quanto dichiarato dagli intervistati, il 90% degli uomini conta su un lavoro full time contro il 57% delle donne, una situazione che determina una maggiore presenza della donna in casa, e un suo ruolo più centrale nel disbrigo delle faccende domestiche. Per quanto riguarda le donne che lavorano, il 47% si sente apprezzata sul lavoro (48% uomini) ma la retribuzione è considerata alta solo dal 4% di loro (10% uomini) o equa dal 37% (41%).
E solo in una famiglia su 3 il contributo portato da uomini e donne è il medesimo, anche se per l’85% delle famiglie questo non influenza il modo di prendere le decisioni.

L’Italia entra nel ciclo del post-populismo: cosa succede?

Quella del 2022 non sembra un’Italia sull’orlo di una crisi di nervi, anche se alle ‘storiche’ vulnerabilità economiche e sociali del nostro Paese ora si aggiungono gli effetti delle crisi degli ultimi tre anni (pandemia, guerra, inflazione, morsa energetica). Per il 92,7% degli italiani l’impennata dell’inflazione durerà a lungo, per il 69,3% il proprio tenore di vita si abbasserà, e il 64,4% sta intaccando i propri risparmi. Si levano quindi istanze di equità non più liquidabili come ‘populiste’, e nell’Italia del post-populismo cresce la ripulsa verso i privilegi, con effetti divisivi all’interno della società. Per l’87,8%, ad esempio, le differenze eccessive tra le retribuzioni di dipendenti e dirigenti sono insopportabili, e per l’81,5% lo sono i facili guadagni degli influencer.

Tra astensione e paura

Del resto, non si registrano fiammate conflittuali o mobilitazioni collettive, e alle ultime elezioni il primo partito è stato quello dei non votanti (quasi 18 milioni, il 39% degli aventi diritto). Ma il tradizionale intreccio lineare ‘lavoro-benessere-economico-democrazia’ non funziona più, lasciando il posto alla convinzione che tutto possa accadere: per l’84,5% degli italiani eventi geograficamente lontani possono stravolgere i destini e la quotidianità, il 61,1% teme un conflitto mondiale, il 58,8% il ricorso all’arma nucleare, il 57,7% che l’Italia entri in guerra. Oggi il 66,5% degli italiani (+10% vs 2019) si sente insicuro. I principali rischi globali percepiti sono guerra (46,2%), crisi economica (45,0%), virus letali e nuove minacce biologiche (37,7%), instabilità dei mercati internazionali (26,6%), eventi atmosferici catastrofici (24,5%), e attacchi informatici su vasta scala (9,4%).

Malinconici e poco disposti a fare sacrifici 

Oggi i meccanismi proiettivi tipici della società dei consumi, che in passato spingevano a fare sacrifici per modernizzarsi e arricchirsi, hanno perso la capacità di orientare i comportamenti collettivi. Gli italiani non sono più disposti a fare sacrifici, il 36,4% nemmeno per fare carriera e guadagnare di più. Pensando a pandemia, guerra e crisi ambientale l’89,7% degli italiani prova tristezza. È la malinconia a definire oggi il carattere degli italiani, un sentimento corrispondente alla coscienza della fine del dominio onnipotente ‘dell’io’ sugli eventi e sul mondo.

Eppure oggi siamo statisticamente più al sicuro

Al vertice delle insicurezze personali c’è il rischio di non autosufficienza e invalidità (53,0%), il 51,7% degli italiani teme di rimanere vittima di reati, il 47,7% non è sicuro di poter contare su redditi sufficienti in vecchiaia, il 47,6% ha paura di perdere il lavoro, e il 42,1% di dover pagare prestazioni sanitarie impreviste. Eppure, oggi siamo il Paese statisticamente più sicuro di sempre. Dal 2012 i crimini più efferati sono diminuiti del -42,4%, le rapine del -48,2%, i furti nelle abitazioni del -47,5%, i furti di autoveicoli del -43,7%. Nell’ultimo decennio sono aumentate solo alcuni reati, violenze sessuali (+12,5%), estorsioni (+55,2%), truffe informatiche (+152,3%).

Investimenti green, uno scenario che piace ai risparmiatori italiani

Gli italiani in generale e i risparmiatori in particolare si scoprono Green, anche in fatto di investimenti. Quelli sostenibili, infatti, guideranno le scelte di risparmio dei prossimi anni. A dirlo è il Rapporto annuale Assogestioni-Censis, presentato nell’ambito del talk di approfondimento R-Evolution Esg, trasmesso sulla piattaforma FR|Vision.Qaalche dato in sintesi: il 57% è pronto a riallocare liquidità  in investimenti sostenibili, per il 57,5% un buon consulente finanziario è una figura imprescindibile, ma per il 90% serve un Ente terzo certificator contro possibili operazioni di greenwashing.

Gli Italiani ci credono di più degli altri Europei

Gli Italiani credono davvero in un possibile futuro green, tanto che immaginandosi al 2050 ben il 71% dei nostri connazionali (contro una media dei Paesi Ue del 48%) è convinto che l’energia, i prodotti e i servizi sostenibili saranno disponibili a prezzi convenienti per tutti, incluse le persone meno abbienti. Per il 68% degli italiani (più della media europea, pari al 57%) le politiche per far fronte al cambiamento climatico e a favore della sostenibilità ambientale consentiranno di creare nuovi posti di lavoro in misura maggiore di quanti se ne distruggeranno. Per il 71% (il 61% nella media Ue) si potrà creare nuova occupazione di qualità in termini di retribuzioni e sicurezza dei luoghi di lavoro. Provati dalla successione di eventi atmosferici avversi, gli italiani ora guardano positivamente alle tecnologie green e alle opportunità economiche della transizione ecologica. 

Finanza, gli strumenti e il consulente

Per far sì che questo passaggio accada, sono però necessari strumenti finanziari più attrattivi. La nuova attenzione alla sostenibilità incide positivamente anche sulle intenzioni dei risparmiatori, stimolati dall’inflazione a riallocare l’ingente accumulo di cash. Il 57,4% dei risparmiatori italiani considera positivamente l’idea di investire in prodotti finanziari e in imprese sostenibili. Maggiormente convinti sono i residenti nel Nord-Ovest (61,7%), i laureati (67,9%) e le persone con redditi alti (76,6%). Si tratta di un’apertura che candida gli investimenti green a occupare un posto rilevante nella competizione per attrarre risorse da riallocare. Ancora, il 57,5% dei risparmiatori italiani ritiene indispensabile l’assistenza di un consulente finanziario nella scelta degli investimenti da indirizzare su imprese, settori, progetti sostenibili. Convinti di avere bisogno di una consulenza fidata e di competente certe per orientarsi in tempi di forte incertezza, lo sono ancora di più quando si parla di investimenti green.

No ad operazioni di greenwashing

Al fine di garantire che gli investimenti green siano effettivamente conformi agli obiettivi e ai criteri annunciati dai proponenti, l’89,8% dei risparmiatori italiani vorrebbe che ci fossero istituzioni o enti certificatori terzi. SI tratterebbe di una strada che consentirebbe di concretizzare le intenzioni dichiarate dai risparmiatori sugli investimenti green, perché permetterebbe di superare la persistente confusione e di fugare ogni diffidenza. Resta infatti irrisolta la questione della definizione univoca di che cosa sia da intendere per investimento green, e c’è il timore per possibili operazioni di greenwashing. Per questo gli italiani reputano essenziale l’istituzione di intermediari di riconosciuta terzietà che garantiscano che quello che viene dichiaro green lo sia effettivamente.